martedì 30 aprile 2013

IL VICE PRESIDENTE GRILLINO CONTESTATO IN AULA E IL FUNZIONARIO NON LO AIUTA




Nel corso del dibattito sulla fiducia al governo si è verificato un momento di forte tensione tra i Deputati Ettore Rosato e Barbara Saltamartini, rispettivamente di Pd e Pdl, nei confronti del presidente di turno Luigi Di Maio (M5S).
Causa scatenante è stato un duro intervento del deputato grillino Andrea Colletti che, oltre ad aver sforato i tempi, ha usato parole molto dure nei confronti del premier Letta. Rosato, delegato d’aula del Gruppo Pd con toni veementi ha richiamato il presidente di turno a far rispettare il regolamento in merito ai contenuti degli interventi svolti. Ancora più dura la Saltamartini che ha accusato Di Maio di non essere imparziale.
Il dato interessante della vicenda non è la polemica ma il comportamento del funzionario della Camera alla sinistra del presidente di turno. Ad ogni seduta vicino al presidente si nota la figura di una persona che, solitamente, sta in piedi vicino alla scranno più alto e che parla in continuazione al presidente. Quella persona è colui che aiuta il presidente della Camera a governare l’aula suggerendo di volta in volta le risposte da fornire, o le comunicazioni da effettuare alla luce del regolamento. Di solito quando presiede il Presidente della Camera il ruolo è svolto dal Segretario Generale di Montecitorio in persona. Con i Vice, invece si alternano altri funzionari, tra i quali il valente direttore del servizio assemblea, Giacomo Lasorella. Ieri di turno era il vice segretario Generale della Camera dott. Guido Letta, il quale mentre Di Maio veniva fortemente contestato e accusava il colpo, sorprendentemente se ne rimaneva seduto nel proprio scranno (come si vede dalle riprese televisive) scrivendo su alcuni fogli e lasciando in ambasce il giovane vice presidente. Di Maio, infatti, risponde con un inusuale (per chi presiede l’aula) “prendo atto” alla critica di Rosato, dandogli dunque ragione, quindi prima s’impappina nel pronunciare il nome della Saltamartini e poi si limita semplicemente a ringraziarla dopo essersi beccato l’accusa grave di parzialità.
L’episodio è di nicchia ma per chi conosce le liturgie di Montecitorio tanto basta per leggere una freddezza che tende al gelo da parte degli alti funzionari della Camera verso gli alieni pentastellati. Ma il compito dei funzionari è (o meglio dovrebbe essere) quello di sostenere il funzionamento dell’istituzione, non di prendere posizioni. Fossimo in Di Maio, e negli altri due membri dell’Ufficio di Presidenza del Movimento 5 stelle, chiederemmo subito spiegazioni ufficiali a Zampetti, come a dire “ a buon intenditor…”

lunedì 29 aprile 2013

IL DISCORSO PROGRAMMATICO DI LETTA ALLA CAMERA



ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, appena una settimana fa il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, pronunciava il suo discorso di insediamento alla Presidenza della Repubblica. A lui consentitemi di rivolgere un sincero ringraziamento per lo straordinario spirito di dedizione alla nostra comunità nazionale, con il quale ha accettato la rielezione per il secondo mandato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Lega Nord e Autonomie, Fratelli d'Italia e Misto).
  Voglio inoltre ringraziare i Presidenti del Senato, Piero Grasso, e della Camera, Laura Boldrini, per la collaborazione offerta nella fase di consultazione in questo primissimo avvio dell'esperienza di Governo.
  Quella del Presidente Napolitano è stata – lo sappiamo – una scelta eccezionale. Eccezionale perché tale è il momento che l'Italia e l'Europa si trovano a vivere oggi. Di fronte all'emergenza il Presidente della Repubblica ci ha invitato a parlare il linguaggio della verità. Ci ha chiesto di offrire in extremis, al Paese ed al mondo, una testimonianza di volontà di servizio e senso di responsabilità. Ci ha concesso un'ultima Pag. 5opportunità: l'opportunità di dimostrarci degni del ruolo che la Costituzione ci riconosce come rappresentanti della nazione, degni di servire il Paese attraverso il rigore, l'esempio, le competenze, in una delle stagioni più complesse e dolorose della storia unitaria. Accogliendo il suo appello, intendo oggi rivolgermi a voi proprio con il linguaggio sovversivo della verità, confessandovi che avverto fortissimi in questo momento la consapevolezza dei miei limiti ed il peso della mia personale responsabilità, ma impegnandomi a fare di tutto affinché le mie spalle siano larghe e solide al punto da reggere nelle vesti di Presidente del Consiglio di un Governo che richiede qui ed oggi la fiducia del Parlamento.
  Infine, non potrei iniziare questo discorso, in un passaggio così impegnativo, senza un accenno personale ed esprimere un senso di gratitudine profonda verso chi, con generosità e senso antico della parola lealtà, mi ha sostenuto anche in questo difficile passaggio: Pierluigi Bersani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Misto).
  La prima verità è che la situazione economica dell'Italia è ancora grave. Abbiamo accumulato in passato un debito pubblico che grava come una macina sulle generazioni presenti e future e che rischia di schiacciare per sempre le prospettive economiche del Paese. Il grande sforzo di risanamento compiuto dal precedente Governo, guidato dal senatore Mario Monti, è stato premessa della crescita, in quanto la disciplina della finanza pubblica era e resta indispensabile per contenere i tassi di interesse e sventare possibili attacchi finanziari (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

venerdì 19 aprile 2013

LA CANTONATA DELLA MUSSOLINI, LA BOLDRINI PUO' RICHIAMARE UNA SENATRICE


Alessandra Mussolini è vulcanica e simpatica ma oggi ha preso una cantonata sostenendo che la Presidente Boldrini non poteva richiarmala all'ordine essendo lei senatrice e non deputata.
I fatti. Alessandra Mussolini per protestare contro la candidatura di Romano Prodi a Presidente della Repubblica si è presentata in aula con una T-Shirt con la scritta "Il Diavolo veste Prodi", quindi a quanto si apprende dalle agenzie ha gridato in aula "No questo voto no è una vergogna".
Immediato ed inevitabile il richiamo della Presidente Laura Boldrini, al quale lei ha risposto di essere una senatrice e che la presidente della Camera non poteva richiamarla all'ordine.
A norma di regolamento la Senatrice Mussolini ha torto perchè lei oggi sta partecipando ad una seduta del Parlamento Comune che, come abbiamo avuto modo di scrivere, nel post precedente applica nelle sue sedute il regolamento di Montecitorio ed è presieduto dal Presidente della Camera.
Ergo il Presidente della Camera nel corso di una seduta del Parlamento in seduta comune può richiamare una senatrice a norma del regolamento della Camera.

giovedì 18 aprile 2013

IL PARLAMENTO IN SEDUTA COMUNE COS'E' E COME FUNZIONA



Il Parlamento in seduta comune a cui spetta eleggere il Presidente della Repubblica, non è la semplice unione di Camera e Senato, in questo caso integrato anche da rappresentanti delle Regioni, ma è un vero e proprio organo a se stante che gode di vita propria e segue sue procedure.
I riferimenti in costituzione e nei regolamenti sono minimi, ma ci sono e sono chiari. Il Parlamento in seduta comune è individuato nella sua soggettività istituzionale, distinguendolo dalla Camera e dal Senato al comma 2 dell’articolo 55, ovvero il primo articolo della seconda parte della costituzione, relativa all’ordinamento della Repubblica, e stabilisce che esso si riunisce in tutte le occasioni previste dalla costituzione stessa.
Tali occasioni sono l’elezione del capo dello stato (art.83) e la messa in stato d’accusa dello stesso (art.90 comma 2), l’elezione di un terzo dei membri del Csm (art. 104 comma 3) e per l’elezione di un terzo dei membri della Corte Costituzionale (art.135 comma 1).
Anche le norme regolamentari che regolano il funzionamento del Parlamento in seduta comune sono alquanto scarne. Due sono sempre di rango costituzionale, ovvero i commi 2 e 3 dell’ articolo 64 che prevedono rispettivamente la possibilità di seduta segreta e il quorum per il numero legale nonché la maggioranza richiesta per la validità delle deliberazioni (maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa disposizione della costituzione).
Per il resto si fa riferimento al regolamento di Montecitorio, il quale all’articolo 35 stabilisce che la presidenza della seduta spetta al presidente della Camera e che per lo svolgimento della seduta comune fa fede, appunto il regolamento di Montecitorio. Infine c’è l’articolo 31 comma 2 che prevede che, nelle sedute del parlamento in seduta comune un seggio venga riservato al presidente del Senato.
La specificità istituzionale del parlamento in seduta comune è testimoniata anche da un aspetto formale, ovvero che anche nelle occasioni in cui nella stessa giornata a Montecitorio si succedono le sedute del Parlamento in congiunta e della Camera, gli ordini del giorno sono separati, e lo stampato del prima è scritto con una grafica diversa da quella tradizionale utilizzata per gli stampati della Camera.

mercoledì 17 aprile 2013

SI AVVICINA LA SCADENZA DELLA PUBBLICAZIONE DELLO STATUTO DEI GRUPPI



A Montecitorio ci si avvicina ad una scadenza importante che non è quella arcinota dell’elezione del Capo dello Stato, ma è quella meno nota ma comunque rilevante che riguarda la pubblicazione degli statuti dei gruppi parlamentari.
A seguito della riforma dell’articolo 15 del regolamento della Camera, approvata sul finire della passata legislatura, i gruppi per la prima volta sono stati obbligati a dotarsi di uno statuto, e lo stesso articolo al comma 2-ter prevede che questi statuti siano pubblicati sul sito internet della Camera.
Nel tentativo di assicurare massima trasparenza anche sulla gestione dei fondi ai gruppi, lo statuto dovrà prevedere le modalità con le quali l’organo responsabile della gestione amministrativa destina i fondi per l’attività del gruppo (comma 2-ter), deve inoltre prevedere le forme di pubblicità interna dei documenti relativi all’organizzazione interna del gruppo, anche con riferimento agli stipendi per il personale.
E’ vero che la vera ciccia (in senso di trasparenza) è costituita dai bilanci dei gruppi, anche quelli dovranno essere ormai pubblici, ma lo saranno solo all’atto della pubblicazione del bilancio della Camera al quale saranno allegati, allo stesso tempo però già leggendo i vari statuti che i gruppi si daranno qualche spunto interessante in materia di democrazia e trasparenza amministrativa interna se ne può trarre.
Per quanto attiene alla tempistica l’articolo 15 al comma 2-bis prevede che entro trenta giorni dalla propria costituzione i gruppi approvano uno statuto che è trasmesso, entro i cinque giorni successivi al Presidente della Camera. Considerato che i gruppi si costituiscono entro due giorni dalla prima seduta della Camera (art. 14 comma 3) e che questa si è tenuta il 17 Marzo, il termine per l’approvazione del proprio statuto è il 19 aprile. Se si aggiungono 5 giorni, il 24 aprile è il termine entro il quale gli statuti debbono essere inviati al Presidente della Camera. Dopo di ché il pallino passa proprio al Presidente e alla Camera in generale poiché il regolamento si limita a stabile solo l’obbligo di pubblicazione, ma non indica scadenze vincolanti.
Certo è che, se la finalità della riforma è la trasparenza, avrebbe poco senso aver obbligato i gruppi a darsi delle regole, e poi tenere chiuse in un cassetto proprio queste regole. Staremo a vedere, dunque, con quale tempistica la Presidente Boldrini (al netto di problemi di natura tecnico-telematica) farà comparire sul sito istituzionale questi documenti e soprattutto staremo a vedere la loro collocazione informatica.

lunedì 15 aprile 2013

GIORGETTI, ALLA CAMERA PER LA LEGA GHE PENSA TUTTO LU'



Chi tanto e chi nulla. Mentre c’è chi, come i parlamentari 5 stelle e qualcun altro, protesta perché la Camera eletta da più di un mese è ancora di fatto in operosa, proprio a Montecitorio c’è chi non sa a chi dare i resti per i ruoli che si trova ricoprire.
Giancarlo Giorgetti, deputato di lungo corso della Lega, può essere definito lo Stakanov di questo scorcio di legislatura. Tanto per iniziare è stato eletto presidente del gruppo della Lega. Immediatamente dopo, e un po’ a sorpresa è stato eletto presidente dalla Commissione speciale per l’esame degli atti del governo, ovvero l’unica commissione costituita e attiva a Montecitorio. La sorpresa non dipende dalle qualità di Giorgetti, che nella scorsa legislatura ha guidato con equilibrio e competenza la commissione bilancio, ma il fatto che, solitamente i capi gruppo non vanno a ricoprire presidenze di commissioni o altri incarichi a Monetcitorio, proprio perché il loro ruolo li obbliga ad una serie di impegni di natura politica difficilmente conciliabili con altre attività parlamentari.
Ma Giorgetti non si è fermato qui, ed è stato inserito dal Presidente Napolitano nel gruppo di facilitatori (o saggi che dir si voglia) che ha da poco concluso i proprio lavori. Giorgetti è stato addirittura gratificato da una citazione dello stesso Napolitano nel sabato di pasqua in cui il capo dello stato rese note le proprie decisioni con una dichiarazione ufficiale.
Non c’è due senza tre e il quatro vien da se. Ed il quarto incarico per l’on., presidente, nonché facilitatore (ormai onorario) Giorgetti è arrivato lo scorso 11 aprile, quando la presidente della Camera lo ha nominato membro della giunta per il regolamento proprio in rappresentanza della Lega.
Ovviamente tutti questi incarichi non comportano alcun emolumento aggiuntivo, ma sono a costo zero. Quello che viene da domandarsi è se sia Giorgetti che vuole ricoprire tutti questi ruoli o se invece sia “costretto” non disponendo di figure adatte nel suo gruppo.
Alla Lega si possono dire tante cose, tranne quella che in tante legislature non sia stata capace di portare a Montecitorio deputati giovani e preparati (al di là di qualche concessione inevitabile alla propaganda politica). Chi sa se ora è cambiato qualcosa? Magari il 17 ha portato male pure al Carroccio.

venerdì 12 aprile 2013

IL DECRETO SUI DEBITI DELLA P.A. LE MISURE PRINCIPALI



Il decreto sui debiti della pubblica amministrazione immetterà nel sistema economico-produttivo 40 miliardi di liquidità, 20 per il 2013 e 20 per il 2014 attraverso l’emissione di titoli di stato per pari importo (art. 12 comma 1). Soprattutto consentirà ad enti locali e regioni di pagare i propri creditori, ritenendo in tal modo di poter dare un po’ di ossigeno alle imprese.
Per quanto riguarda gli enti locali il decreto esclude per il 2013 dai vincoli del patto di stabilità per gli enti locali (comuni e province), la spesa di 5 miliardi di euro per il pagamento di debiti in conto capitale esigibili alla data del 31 dicembre 2012 (art. 1 comma 1). Gli enti locali più virtuosi e che hanno liquidità presso la tesoreria statale possono procedere immediatamente al saldo dei propri debiti nel limite del 13% delle stesse disponibilità liquide e comunque entro il 50% dei debiti che dovranno essere comunicati ufficialmente alla ragioneria dello stato entro il 30 aprile 2013. ( art.1 comma 5) Semplificando i comuni che se lo possono permettere possono pagare subito a patto che per esempio se hanno 300.000 euro liquidi nella tesoreria centrale non saldino debiti superiori ad un massimo di 33.000 euro, e comunque se il totale dei debiti da pagare che certificherà alla ragioneria dello stato sarà pari a 50.000 euro i pagamenti effettuati prima della certificazione non potranno eccedere i 25.000 (50% del totale dei debiti).
Come detto gli enti locali dovranno provvedere a registrare entro il 30 aprile 2013 sulla piattaforma informatica della ragioneria generale dello stato l’elenco dei debiti esigibili a cui debbono far fronte (art.1 comma 2). Il ministero dell’Economia e delle Finanze con decreto del Ministro entro il 15 maggio 2013 stabilisce per ogni ente locale gli importi dei pagamenti da escludere dal patto di stabilità. (art.1 comma 3) I criteri per decidere quale importo ogni ente locale possa escludere dal patto di stabilità (fino alla concorrenza del totale dei 5 miliardi) sono stabiliti in sede di conferenza stato-città. In assenza di una deliberazione in tal senso il riparto avverrà proporzionalmente.
Per gli enti locali che non hanno disponibilità liquide da utilizzare per pagare i propri debiti, ed anche per le regioni, il Mef istituisce un fondo di 10 miliardi per il 2013 e di 16 miliardi per il 2014 che sarà utilizzato per concedere prestiti trentennali a comuni, province e regioni per consentire loro di pagare i debiti. Il fondo è ripartito in tre sezioni. La prima riguarda le risorse da destinare agli enti locali (2 miliardi nel 2013 e 2 miliardi nel 2014). La seconda riguarda le risorse da destinare alle regioni per i pagamenti di debiti diversi da quelli finanziari e sanitari (3 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014). L’ultima sezione riguarda le risorse per il pagamento dei debiti degli enti del SSN (5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014). (art 1 comma 10).
La sezione delle risorse da destinare agli enti locali sarà gestita dalla Cassa depositi e prestiti. Qualora comuni e province non onorassero la restituzione del prestito ottenuto attraverso rate annuali l’Agenzia delle entrate tratterrà una quota equivalente dell’imposta municipale propria per i comuni e dell’imposta sulle rc auto per le province. (art.1 comma 13).

E IL PDL TENTA IL BLITZ PER AVERE UN SEGRETARIO D'AULA IN PIU'




Incredibile ma vero! Il Pdl, nel corso della giunta per il regolamento, ha chiesto di ottenere un ulteriore membro dell’ufficio di presidenza, un segretario d’aula per l’appunto. Le motivazioni espresse in una lettera inviata dal capogruppo Brunetta alla presidente della Camera sono essenzialmente due. La prima è che il Pdl non ha una rappresentanza proporzionalmente adeguata nell’ufficio di Presidenza rispetto alla sua consistenza numerica, in particolare per quanto attiene i segretari d’aula. L’altra motivazione riguarda il precedente della scorsa legislatura, quando la Lega ottenne un segretario d’aula aggiuntivo a seguito della nascita del governo Monti.
Ovviamente sia l’una che l’altra motivazione non sono state ritenute valide. La prima perché il regolamento della Camera impone che tutti i gruppi siano rappresentati nell’ufficio di Presidenza ma non prevede un criterio di rappresentanza proporzionale. Nel secondo caso è stato fatto notare, giustamente, come il precedente della lega fosse strettamente legato alla situazione di assoluta eccezionalità venutasi a creare a seguito della nascita del governo Monti, ovvero con la Lega che al momento era l’unico gruppo di opposizione (l’Idv si astenne sul primo voto di fiducia e quando passo all’opposizione non volle chiedere un’integrazione dei suoi membri in udp, che pure gli sarebbe spettata) ed in ufficio di Presidenza era rappresentata da un solo segretario d’aula.
Ancora più sorprendente un’ulteriore motivazione addotta, nel corso del dibattito in giunta a sostegno della richiesta da Elio Vito. I segretari d’aula, a differenza dei vice presidenti e dei questori, svolgono un ruolo di garanzia (sic.) ed è per questo che sarebbe necessario prevedere che ogni gruppo potesse avere un segretario d’aula. Ancora più divertente, e singolare, è che il principio di questa tesi è stato condiviso da Gianclaudio Bressa del Pd, sostenendo però che non si dovesse per forza passare da una modifica regolamentare e non procedere per via interpretativa.
Ovviamente il Pdl non ha ottenuto il segretario d’aula aggiuntivo, che non è riuscito ad eleggersi all’atto della composizione dell’ufficio di presidenza per guerre interne che hanno finito per cecchinare la Ravetto. Che però mentre il parlamento è fermo, mentre proprio il Pdl sostiene (e non a torto) che le commissioni non si possano convocare, si tenti di farsi assegnare una poltrona in più in udp, con tutto quello che ne consegue (avendo già, è bene ricordarlo, un vice presidente e un questore) questo è un po’ eccessivo e, forse inaccettabile.
Di seguito il resoconto del dibattito in giunta del regolamento.

giovedì 11 aprile 2013

CHI HA TEMPO NON ASPETTI TEMPO, SOPRATTUTTO SE PROTESTA


 
Il tema della “perdita di tempo” si è trasformato in questi giorni da argomentino di polemica di piccolo cabotaggio, in un vero e proprio strumento di retorica politica. Non vale più solo per lo stallo sul fronte del governo che non consente la convocazione delle commissioni parlamentari e con esse l’avvio vero e proprio del lavoro legislativo, ma la perdita di tempo sembra essere divenuta l’arma preferita nello scontro che dilania il Pd, con la contrapposizione tra Renzi e Bersani.

A tal proposito e utilizzando il metro di chi denuncia ad ogni piè sospinto il trascorrere inutile e costoso del tempo non messo a frutto, fa una certa impressione che, potendosi iniziare ieri l’esame nella commissione speciale della Camera del Decreto sui debiti della P.A. sia invece partito nella giornata di oggi (anche se va detto con un calendario serrato che tra audizioni e sedute impegna l’intera giornata), lasciando invece vuota la sala del Mappamondo nella giornata di ieri. Ed il bello è che non si sono levate proteste.

Ovviamente anche per questo buco un motivo tecnico c’è e riguarda il Senato. Infatti essendo stato deciso, almeno nella fase delle audizioni, un percorso comune con la commissione speciale del Senato, ed essendoci ieri seduta a Palazzo Madama, il tutto è stato ovviamente rinviato ad oggi.

Per chi fosse interessato ad approfondirne i contenuti alleghiamo il link del dossier del servizio studi sul testo del decreto e sulle coperture finanziarie.

mercoledì 10 aprile 2013

GRILLINO DENUNCIA PIANISTI E DAI RESOCONTI SCOMPARE UNA FRASE DI LUPI



 
Durante la seduta di ieri al termine della votazione che ha integrato i poteri della commissione speciale, che per ora è anche l’unica istituita alla Camera dei Deputati, è stata sollevata per la prima volta in questa legislatura la triste questione dei pianisti. A Farlo il deputato cinque stelle Andrea Colletti che ha parlato di comportamento che rasenta la truffa invitando il presidente di turno, Maurizio Lupi , a controllare affinché ciò non si ripetesse.
Chissà se è per i toni particolarmente duri usati dall’onorevole grillino che i funzionari del servizio resoconti hanno ritenuto di eliminare una piccola frase, pronunciata in tono scherzoso qualche istante prima proprio dal Vice Presidente Lupi, dal resoconto stenografico pubblicato. Se si ascolta il file audio/video della seduta, infatti, nel corso della votazione Lupi, nel chiamare ad uno ad uno i deputati in difficoltà con il sistema di voto, dopo aver chiamato l’on. Gribaudo dice: divertito “Ha troppe tessere on. Buttiglione”.
Dal tono di Lupi si capisce che si trattava di una delle tante frasi scherzose che è solito pronunciare nel corso dei suoi turni di presidenza dell’aula. Sta di fatto però che per una coincidenza, o per zelo di qualche funzionario, la frasetta è sparita dai resoconti scritti, evitando che qualcuno a posteriori potesse ricollegarla ex post alla denuncia dell’on. Colletti.
Va detto che non è la prima volta che i resoconti scritti divergono, anche se di poco, dall’audio vero e proprio della seduta. Nella scorsa legislatura è già capitato che il resoconto scritto fosse emendato, ovviamente a fin di bene e di una forma più consona, di paroline pronunciate male per la fretta. Nulla di grave ovviamente, ma il punto è se quest’opera abbia un senso nel momento in cui chiunque, se lo vuole può risalire direttamente alla fonte.