Tre nuovi vice segretari generali
e nove capi servizio, queste le nomine effettuate oggi dall’Ufficio di
Presidenza della Camera dei Deputati. Nomine che, però, sono state votate dalla
sola maggioranza dal momento che i rappresentanti dei gruppi di opposizione
(M5S, Fi, Fdi e Lega) in Ufficio di Presidenza o non hanno partecipato alla
votazione, come i tre pentastellati, oppure hanno disertato l’intera seduta. I
tre nuovi vice segretari generali sono Giacomo Lasorella, che avrà le funzioni
di vicario della Segretaria Generale, Annibale Ferrari e Fabrizio Castaldi. I
nove neo capi servizio sono Paolo Visca, Paola Bonacci, Raffaele Perna, Daniela
Colletti, Renzo Dickmann, Maria Consuelo Amato, Paolo Nuvoli, Danilo Santoro e
Claudia Di Andrea. Al di là delle polemiche che hanno portato ad approvare le
nomine con il voto della sola maggioranza, è un dato di fatto che le tre
posizioni di vice segretario generale e quelle di capo servizio fossero vacanti
ormai da diversi anni a seguito di pensionamenti, nomine o distacchi in altri
enti. Questo aveva comportato l’affidamento ad interim di molteplici deleghe ai
due vicesegretari in organico e l’attribuzione di interim a diversi funzionari
senza il riconoscimento della qualifica di capo servizio. I nuovi vice
segretari generali dovrebbero lasciare ora gli attuali ruoli ricoperti (la guida
del Servizio Assemblea per Lasorella, la direzione del Servizio Studi per
Ferrari e la direzione della segreteria istituzionale della Presidente della
Camera per Castaldi) per dedicarsi ai nuovi incarichi. Per Lasorella e
Castaldi, che si erano contesi la carica di Segretario Generale, poi
conquistata da Lucia Pagano, sembra arrivato un riconoscimento ex post.
Riconoscimento di carriera e di prestigio professionale più che economico, dal
momento che gli stipendi attualmente percepiti varieranno di pochissimo.
La Camera dei Deputati e le sue attività raccontate in modo semplice, chiaro e accessibile a tutti.
giovedì 25 giugno 2015
martedì 23 giugno 2015
LE MOZIONI DI SFIDUCIA SU CASTIGLIONE
All’ordine del giorno dei lavori di Montecitorio, dopo l’esame
della proposta di legge sul reato di diffamazione, figurano tre mozioni
parlamentari, rispettivamente di M5s, Sel e Lega, che chiedono la rimozione del
sottosegretario Giuseppe Castiglione. Nel dibattito politico si parla di
mozioni di sfiducia nei confronti del sottosegretario per l’indagine sul Cara
di Mineo e per i collegamenti con l’inchiesta su Mafia Capitale. Tecnicamente
però è bene precisare che i documenti presentati non sono vere e proprie
mozioni di sfiducia, ma semplici atti di indirizzo che, se approvati avrebbero
certamente un valore politico (che porterebbe alla rimozione di Castiglione),
ma non produrrebbero alcun effetto di natura giuridico-costituzionale, come nel
caso della mozione di sfiducia al singolo ministro di cui all’articolo 115,
comma 2 del regolamento della Camera. L’istituto della sfiducia nei confronti
dei sottosegretari di stato non è, infatti, prevista dai regolamenti, dunque l’unica
strada per segnalare da parte di una camera la volontà politica di rimozione di
un sottosegretario è quella della mozione ordinaria. Per quanto riguarda i
testi delle mozioni presentate, tutte ripercorrono nelle premesse le vicende
che hanno portato all’inchiesta sul cara di Mineo e su Castiglione.
Differiscono parzialmente i dispositivi. Quello della mozione M5S impegna il
governo ad avviare immediatamente le procedure di revoca del sottosegretario su
proposta del Presidente del Consiglio. Il dispositivo della mozione di Sel e
quello della lega impegna invece il governo a richiedere al sottosegretario le
dimissioni. Ovviamente si tratta di differenze stilistiche, la sostanza
politica, qualora le mozioni venissero approvate, non cambierebbe.
lunedì 22 giugno 2015
LE (POCHE) MODIFICHE DELLA COMMISSIONE LAVORO AL DL SULLE PENSIONI
Il così detto decreto sulle pensioni al termine della
votazione degli emendamenti in commissione lavoro della Camera (mancano ora i
pareri delle altre commissioni che, in particolare quelli della bilancio e
della affari costituzionali, potrebbero comportare qualche ulteriore modifica)
esce sostanzialmente invariato rispetto alla versione originale. Rimane dunque
deluso chi si attendeva grandi novità, in particolare sul fronte dei così detti
vitalizi. Poche le modifiche apportate nel loro complesso e tutte a firma di
deputati Pd.
Qualche modifica è stata apportata, ma l’articolo 1 del
provvedimento, quello che deve andare a colmare il vulnus prodotto dalla
sentenza della Consulta, rimane quello scritto dal governo. Dunque la
rivalutazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 sarà corrisposta per
intero solo ai trattamenti fino a tre volte il minimo, per gli altri invece vi
saranno percentuali diverse a seconda dell’importo, e soprattutto non
percepiranno nulla le pensioni superiori a sei volte il trattamento minimo.
Una modifica interessante apportata all’articolo 1, riguarda
il fatto che da oggi ai fini del calcolo dell’emolumento totale sul quale
calcolare la rivalutazione, alla luce delle nuove norme apportate, verrà
considerato anche l’eventuale vitalizio percepito a seguito di incarichi
elettivi.
Rilevanti modifiche sono state apportate all’articolo 4 del
provvedimento che riguardava il rifinanziamento dei contratti di solidarietà.
Il drappello di deputati democrat capitanato da Luisa Gnecchi e ascrivibili
alla minoranza Pd ha fatto la parte del leone raddoppiando (da 70 a 140
milioni) i fondi già previsti, ed aggiungendone di nuovi per un importo pari
150 milioni di euro per il 2015. Forse a parziale rivincita nei confronti del
premier Renzi, la copertura di questi 150 milioni è stata imputata al fondo di
2.200 milioni stanziato per finanziare le nuove norme introdotte dai decreti
legislativi del jobs act, come gli incentivi per il nuovo contratto a tutele
crescenti.
Tra le modifiche apportate si segnala l’inserimento di un
articolo 5-bis (che nel testo dell’aula diverrà un nuovo articolo 6) per
introdurre una norma di interpretazione autentica in materia di lavoratori
colpiti da malattie dell’amianto. La norma in questione è uno dei commi dell’ultima
legge di stabilità (comma 112) nel quale si stabiliva che ai lavoratori in
servizio non si applicavano gli annullamenti dei benefici previsti per i
lavoratori del settore dell’amianto. La norma di interpretazione autentica
specifica che per lavoratori attualmente
in servizio si debbono intendere quei lavoratori che al primo gennaio 2015 non
erano beneficiari di trattamenti pensionistici.
venerdì 19 giugno 2015
PERCHE' IL GOVERNO HA RELAZIONATO IL PARLAMENTO SULLE PENSIONI
Mercoledì 17 giugno la Camera dei Deputati ha esaminato e
approvato una relazione al Parlamento inviata dal governo a norma dell’articolo
10-bis, comma 6, della legge 196 del 2009. Il caso è abbastanza particolare al
punto che fino ad oggi si è verificato solo in tre casi. La legge 196/2009 è
quella che regola la contabilità e la finanza pubblica. Tale legge, anche in
ossequio alle procedure adottate a livello comunitario individua gli strumenti
a disposizione del governo nell’ambito della finanza pubblica, che sono la
legge di stabilità (che ha sostituito la legge finanziaria), Il documento di
economia e finanza (Def) e la nota di aggiornamento al documento di economia e
finanza. Poiché, però, in economia si possono sempre verificare eventi
imprevisti che dipendono da vari fattori, la legge prevede che al verificarsi
di eventi eccezionali che producano scostamenti rispetto agli obiettivi di
finanza pubblica o comportino interventi correttivi, rispetto ai dati già
modificati con la nota di aggiornamento al Def, Il governo invia una relazione
al Parlamento nel quale da conto della motivazione degli scostamenti e illustra
gli eventuali interventi correttivi di finanza pubblica che intende adottare.
La relazione discussa il 17 giugno, aveva come oggetto, la
ormai nota sentenza della Corte costituzionale n.70 che ha dichiarato illegittimo
il blocco dell’adeguamento delle pensioni di importo superiore a tre volte
quello della pensione minima. L’adempimento della sentenza avrebbe comportato
una spesa di 17,8 miliardi netti per il 2015. Nella relazione inviata il
governo scrive che tale spesa, producendo un peggioramento dell’indebitamento
netto tendenziale delle amministrazioni pubbliche rispetto al Pil, avrebbe
comportato uno sforamento dei parametri di bilancio europei con la conseguenza
di una probabile apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Dunque l’intervento correttivo previsto per evitare ciò è
indicato nel decreto legge 65/2015 (attualmente all’esame della stessa Camera),
che prevede una soluzione mediana tra la restituzione integrale di quanto
dovuto e la salvaguardia dei conti pubblici. (il Decreto restituirà il 40% del
dovuto alle pensioni da 3 a 4 volte superiori alla minima, il 20% per le
pensioni superiori a 4 e a quelle fino a 5 volte superiori alla minima, il 10%
da 5 a 6 volte la minina, nessun rimborso per le pensioni di importo superiore
a 6 volte la minima).
La Camera dei Deputati non ha votato direttamente la
relazione del governo, ma una risoluzione presentata dai gruppi di maggioranza (risoluzione
6-00141) il cui contenuto era “La Camera,
esaminata la Relazione al Parlamento 2015, predisposta ai sensi dell'articolo
10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n.
196, approvata dal Consiglio dei ministri il 18 maggio 2015, contestualmente
all'approvazione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65 (Doc. LVII-bis, n. 3), la approva”.
Ovviamente il decreto legge sulle pensioni dovrà essere approvato
da Camera e Senato secondo le procedure ordinarie previste dai regolamenti
parlamentari.
mercoledì 17 giugno 2015
REPETITA IUVANT
Repetita iuvant dicevano i latini, e un drappello di deputati di diversi schieramenti politici nel presentare emendamenti al disegno di legge delega sulla pubblica amministrazione debbono averlo preso in parola. Il fenomeno è curioso e allo stesso tempo assolutamente insolito, ma ben quattro deputate hanno presentato ciascuna per due volte lo stesso identico emendamento. L’episodio emerge dalla lettura del resoconto della seduta del 16 giugno della I commissione affari costituzionali, con il presidente di turno che comunica che le onorevoli Raffaella Mariani, Federica Dieni, Luisella Albanella e Roberta Lombardi hanno presentato a testa una coppia di emendamenti doppioni e che, dunque, dei doppioni sarà posto ai voti uno solo. Ma come è potuto accadere che 4 diverse parlamentari siano incorse nello stesso tipo di lapsus. Difficile dirlo, ma forse la chiave potrebbe essere individuata nel fatto che per questo provvedimento le associazioni di categoria, in particolare quelle dei dirigenti pubblici e dei segretari comunali, hanno riversato sui deputati valanghe di emendamenti già belli e pronti. Se qualcuno avesse preso tali emendamenti da soggetti o associazioni diversi e li avesse depositati senza scremarli ecco che si potrebbe verificare il caso di due emendamenti fotocopia a firma dello stesso deputato.
Iscriviti a:
Post (Atom)