giovedì 25 giugno 2015

LA CAMERA ELEGGE I TRE NUOVI VICE SEGRETARI GENERALI



Tre nuovi vice segretari generali e nove capi servizio, queste le nomine effettuate oggi dall’Ufficio di Presidenza della Camera dei Deputati. Nomine che, però, sono state votate dalla sola maggioranza dal momento che i rappresentanti dei gruppi di opposizione (M5S, Fi, Fdi e Lega) in Ufficio di Presidenza o non hanno partecipato alla votazione, come i tre pentastellati, oppure hanno disertato l’intera seduta. I tre nuovi vice segretari generali sono Giacomo Lasorella, che avrà le funzioni di vicario della Segretaria Generale, Annibale Ferrari e Fabrizio Castaldi. I nove neo capi servizio sono Paolo Visca, Paola Bonacci, Raffaele Perna, Daniela Colletti, Renzo Dickmann, Maria Consuelo Amato, Paolo Nuvoli, Danilo Santoro e Claudia Di Andrea. Al di là delle polemiche che hanno portato ad approvare le nomine con il voto della sola maggioranza, è un dato di fatto che le tre posizioni di vice segretario generale e quelle di capo servizio fossero vacanti ormai da diversi anni a seguito di pensionamenti, nomine o distacchi in altri enti. Questo aveva comportato l’affidamento ad interim di molteplici deleghe ai due vicesegretari in organico e l’attribuzione di interim a diversi funzionari senza il riconoscimento della qualifica di capo servizio. I nuovi vice segretari generali dovrebbero lasciare ora gli attuali ruoli ricoperti (la guida del Servizio Assemblea per Lasorella, la direzione del Servizio Studi per Ferrari e la direzione della segreteria istituzionale della Presidente della Camera per Castaldi) per dedicarsi ai nuovi incarichi. Per Lasorella e Castaldi, che si erano contesi la carica di Segretario Generale, poi conquistata da Lucia Pagano, sembra arrivato un riconoscimento ex post. Riconoscimento di carriera e di prestigio professionale più che economico, dal momento che gli stipendi attualmente percepiti varieranno di pochissimo.   

martedì 23 giugno 2015

LE MOZIONI DI SFIDUCIA SU CASTIGLIONE



All’ordine del giorno dei lavori di Montecitorio, dopo l’esame della proposta di legge sul reato di diffamazione, figurano tre mozioni parlamentari, rispettivamente di M5s, Sel e Lega, che chiedono la rimozione del sottosegretario Giuseppe Castiglione. Nel dibattito politico si parla di mozioni di sfiducia nei confronti del sottosegretario per l’indagine sul Cara di Mineo e per i collegamenti con l’inchiesta su Mafia Capitale. Tecnicamente però è bene precisare che i documenti presentati non sono vere e proprie mozioni di sfiducia, ma semplici atti di indirizzo che, se approvati avrebbero certamente un valore politico (che porterebbe alla rimozione di Castiglione), ma non produrrebbero alcun effetto di natura giuridico-costituzionale, come nel caso della mozione di sfiducia al singolo ministro di cui all’articolo 115, comma 2 del regolamento della Camera. L’istituto della sfiducia nei confronti dei sottosegretari di stato non è, infatti, prevista dai regolamenti, dunque l’unica strada per segnalare da parte di una camera la volontà politica di rimozione di un sottosegretario è quella della mozione ordinaria. Per quanto riguarda i testi delle mozioni presentate, tutte ripercorrono nelle premesse le vicende che hanno portato all’inchiesta sul cara di Mineo e su Castiglione. Differiscono parzialmente i dispositivi. Quello della mozione M5S impegna il governo ad avviare immediatamente le procedure di revoca del sottosegretario su proposta del Presidente del Consiglio. Il dispositivo della mozione di Sel e quello della lega impegna invece il governo a richiedere al sottosegretario le dimissioni. Ovviamente si tratta di differenze stilistiche, la sostanza politica, qualora le mozioni venissero approvate, non cambierebbe.

lunedì 22 giugno 2015

LE (POCHE) MODIFICHE DELLA COMMISSIONE LAVORO AL DL SULLE PENSIONI


Il così detto decreto sulle pensioni al termine della votazione degli emendamenti in commissione lavoro della Camera (mancano ora i pareri delle altre commissioni che, in particolare quelli della bilancio e della affari costituzionali, potrebbero comportare qualche ulteriore modifica) esce sostanzialmente invariato rispetto alla versione originale. Rimane dunque deluso chi si attendeva grandi novità, in particolare sul fronte dei così detti vitalizi. Poche le modifiche apportate nel loro complesso e tutte a firma di deputati Pd.
Qualche modifica è stata apportata, ma l’articolo 1 del provvedimento, quello che deve andare a colmare il vulnus prodotto dalla sentenza della Consulta, rimane quello scritto dal governo. Dunque la rivalutazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 sarà corrisposta per intero solo ai trattamenti fino a tre volte il minimo, per gli altri invece vi saranno percentuali diverse a seconda dell’importo, e soprattutto non percepiranno nulla le pensioni superiori a sei volte il trattamento minimo.
Una modifica interessante apportata all’articolo 1, riguarda il fatto che da oggi ai fini del calcolo dell’emolumento totale sul quale calcolare la rivalutazione, alla luce delle nuove norme apportate, verrà considerato anche l’eventuale vitalizio percepito a seguito di incarichi elettivi.
Rilevanti modifiche sono state apportate all’articolo 4 del provvedimento che riguardava il rifinanziamento dei contratti di solidarietà. Il drappello di deputati democrat capitanato da Luisa Gnecchi e ascrivibili alla minoranza Pd ha fatto la parte del leone raddoppiando (da 70 a 140 milioni) i fondi già previsti, ed aggiungendone di nuovi per un importo pari 150 milioni di euro per il 2015. Forse a parziale rivincita nei confronti del premier Renzi, la copertura di questi 150 milioni è stata imputata al fondo di 2.200 milioni stanziato per finanziare le nuove norme introdotte dai decreti legislativi del jobs act, come gli incentivi per il nuovo contratto a tutele crescenti.
Tra le modifiche apportate si segnala l’inserimento di un articolo 5-bis (che nel testo dell’aula diverrà un nuovo articolo 6) per introdurre una norma di interpretazione autentica in materia di lavoratori colpiti da malattie dell’amianto. La norma in questione è uno dei commi dell’ultima legge di stabilità (comma 112) nel quale si stabiliva che ai lavoratori in servizio non si applicavano gli annullamenti dei benefici previsti per i lavoratori del settore dell’amianto. La norma di interpretazione autentica specifica  che per lavoratori attualmente in servizio si debbono intendere quei lavoratori che al primo gennaio 2015 non erano beneficiari di trattamenti pensionistici.

venerdì 19 giugno 2015

PERCHE' IL GOVERNO HA RELAZIONATO IL PARLAMENTO SULLE PENSIONI



Mercoledì 17 giugno la Camera dei Deputati ha esaminato e approvato una relazione al Parlamento inviata dal governo a norma dell’articolo 10-bis, comma 6, della legge 196 del 2009. Il caso è abbastanza particolare al punto che fino ad oggi si è verificato solo in tre casi. La legge 196/2009 è quella che regola la contabilità e la finanza pubblica. Tale legge, anche in ossequio alle procedure adottate a livello comunitario individua gli strumenti a disposizione del governo nell’ambito della finanza pubblica, che sono la legge di stabilità (che ha sostituito la legge finanziaria), Il documento di economia e finanza (Def) e la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza. Poiché, però, in economia si possono sempre verificare eventi imprevisti che dipendono da vari fattori, la legge prevede che al verificarsi di eventi eccezionali che producano scostamenti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica o comportino interventi correttivi, rispetto ai dati già modificati con la nota di aggiornamento al Def, Il governo invia una relazione al Parlamento nel quale da conto della motivazione degli scostamenti e illustra gli eventuali interventi correttivi di finanza pubblica che intende adottare.
La relazione discussa il 17 giugno, aveva come oggetto, la ormai nota sentenza della Corte costituzionale n.70 che ha dichiarato illegittimo il blocco dell’adeguamento delle pensioni di importo superiore a tre volte quello della pensione minima. L’adempimento della sentenza avrebbe comportato una spesa di 17,8 miliardi netti per il 2015. Nella relazione inviata il governo scrive che tale spesa, producendo un peggioramento dell’indebitamento netto tendenziale delle amministrazioni pubbliche rispetto al Pil, avrebbe comportato uno sforamento dei parametri di bilancio europei con la conseguenza di una probabile apertura di una procedura di infrazione per deficit eccessivo.
Dunque l’intervento correttivo previsto per evitare ciò è indicato nel decreto legge 65/2015 (attualmente all’esame della stessa Camera), che prevede una soluzione mediana tra la restituzione integrale di quanto dovuto e la salvaguardia dei conti pubblici. (il Decreto restituirà il 40% del dovuto alle pensioni da 3 a 4 volte superiori alla minima, il 20% per le pensioni superiori a 4 e a quelle fino a 5 volte superiori alla minima, il 10% da 5 a 6 volte la minina, nessun rimborso per le pensioni di importo superiore a 6 volte la minima).
La Camera dei Deputati non ha votato direttamente la relazione del governo, ma una risoluzione presentata dai gruppi di maggioranza (risoluzione 6-00141) il cui contenuto era “La Camera, esaminata la Relazione al Parlamento 2015, predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, approvata dal Consiglio dei ministri il 18 maggio 2015, contestualmente all'approvazione del decreto-legge 21 maggio 2015, n. 65 (Doc. LVII-bis, n. 3), la approva”.
Ovviamente il decreto legge sulle pensioni dovrà essere approvato da Camera e Senato secondo le procedure ordinarie previste dai regolamenti parlamentari.

mercoledì 17 giugno 2015

REPETITA IUVANT



Repetita iuvant dicevano i latini, e un drappello di deputati di diversi schieramenti politici nel presentare emendamenti al disegno di legge delega sulla pubblica amministrazione debbono averlo preso in parola. Il fenomeno è curioso e allo stesso tempo assolutamente insolito, ma ben quattro deputate hanno presentato ciascuna per due volte lo stesso identico emendamento. L’episodio emerge dalla lettura del resoconto della seduta del 16 giugno della I commissione affari costituzionali, con il presidente di turno che comunica che le onorevoli Raffaella Mariani, Federica Dieni, Luisella Albanella e Roberta Lombardi hanno presentato a testa una coppia di emendamenti doppioni e che, dunque, dei doppioni sarà posto ai voti uno solo. Ma come è potuto accadere che 4 diverse parlamentari siano incorse nello stesso tipo di lapsus. Difficile dirlo, ma forse la chiave potrebbe essere individuata nel fatto che per questo provvedimento le associazioni di categoria, in particolare quelle dei dirigenti pubblici e dei segretari comunali, hanno riversato sui deputati valanghe di emendamenti già belli e pronti. Se qualcuno avesse preso tali emendamenti da soggetti o associazioni diversi e li avesse depositati senza scremarli ecco che si potrebbe verificare il caso di due emendamenti fotocopia a firma dello stesso deputato.