mercoledì 30 ottobre 2013

OPS! SULLE PROVINCE MI E' SALTATO UNO ZERO


Il disegno di legge ordinaria del governo sul riassetto delle province non se la passa molto bene stretto com’è tra le critiche incalzanti dell’UPI, che ovviamente difende i propri interessi,  e le bocciature di molti e insigni costituzionalisti.
Forse è per questo che ieri il Ministro Graziano Delrio ha sentito il bisogno di intervenire in commissione affari costituzionali della Camera per cercare di fare un po’ di chiarezza. Delrio ovviamente ha svolto un intervento assai articolato, che è pubblicato nei resoconti della commissione, fornendo tutta una serie di dati che dovranno essere valutati
Noi riteniamo necessario soffermarci solo su due. Il primo riguarda la questione dei risparmi ed in particolare di quelli attesi dalla cancellazione della classe politica provinciale. La relazione tecnica al provvedimento, a pag. 12 dello stampato a.c. 1542, quantifica tali risparmi in 11 milioni. Pochini rispetto alle attese. Delrio ieri ha chiarito che si tratta di un refuso che ha fatto saltare uno zero, e che il risparmio è in realtà di 110 milioni. Non c’è motivo per non credere al ministro, certo è che un errore così rilevante, poteva essere individuato e corretto prima, mentre fino a ieri nulla è stato detto in proposito non ostante che il disegno di legge è stato presentato alla Camera il 20 agosto.
Altra questione di rilievo riguarda la sorte del personale dipendente delle Province. Delrio ieri ha invitato a non creare allarmismi ingiustificati, che il problema non esiste, perché è intenzione del governo non licenziare nessuno. Al di là delle intenzioni il problema è che per quanto riguarda il futuro del personale delle province ad oggi non c’è alcuna norma chiara, né tanto meno una sorta di clausola di garanzia. Al contrario al comma 4 dell’articolo 15 del ddl sulle province viene demandato ad un decreto del presidente del consiglio dei ministri individuare i criteri generali per il trasferimento, tra l’altro delle risorse umane ai comuni o alle unioni di comuni. A tal proposito giova ricordare un aspetto non secondario, ovvero che il decreto del presidente del consiglio è un atto regolamentare che come tale è sottratto all’esame del parlamento, che al massimo sarà chiamato ad esprimere un semplice parere.

giovedì 24 ottobre 2013

M5S CANCELLA NORMA AD PERSONAM PER ASSUNZIONE IN CONSOB



La norma era di quelle che ti fregano tra rimandi a leggi precedenti e a dati, inserita com’era all’interno di un articolo che parlava di concorsi dedicati ai precari della PA al fine della loro stabilizzazione poi, pure se non capisci, pensi che si riferisca sempre a quel tema. In realtà di assunzione si trattava ma di un sola persona alla Consob. Norma scritta al Senato dal senatore Pd Ugo Sposetti, e che oggi Ettore Rosato, sempre del Pd, ha definito in aula alla Camera legittima, seppure non utile al governo. L’unico gruppo che fin dall’esame in commissione alla Camera se ne è accorto ed ha presentato un emendamento soppressivo è stato il Movimento 5 Stelle. Senza fortuna in commissione, oggi le cose sono cambiate in aula e l’emendamento è stato accolto dal governo. A facilitare questa soluzione l’ostruzionismo posto in atto dai penta stellati, anche per far passare un pacchetto di altri emendamenti. Ovviamente l’emendamento presentato da M5S è stato frutto di una soffiata, ma questo nulla toglie al merito, perché la soffiata è arrivata più o meno a tutti i gruppi e solo uno l’ha recepita.

Di seguito il testo soppresso (in grassetto)  e l’emendamento M5S presentato:

6. A decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2016, al fine di favorire una maggiore e più ampia valorizzazione della professionalità acquisita dal personale con contratto di lavoro a tempo determinato e, al contempo, ridurre il numero dei contratti a termine, le amministrazioni pubbliche possono bandire, nel rispetto del limite finanziario fissato dall'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a garanzia dell'adeguato accesso dall'esterno, nonché dei vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente e, per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, procedure concorsuali, per titoli ed esami, per assunzioni a tempo indeterminato di personale non dirigenziale riservate esclusivamente a coloro che sono in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché a favore di coloro che alla data di pubblicazione della legge di conversione del presente decreto hanno maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici. Per il periodo in cui il rapporto di lavoro ha avuto effettiva esecuzione ed ha determinato il diritto a trattenere la corrispondente retribuzione, il dipendente si considera in effettivo servizio ai fini della procedura di cui all'articolo 1, comma 166, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, da concludere entro i termini di cui al primo periodo. Le procedure selettive di cui al presente comma possono essere avviate solo a valere sulle risorse assunzionali relative agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, anche complessivamente considerate, in misura non superiore al 50 per cento, in alternativa a quelle di cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le graduatorie definite in esito alle medesime procedure sono utilizzabili per assunzioni nel quadriennio 2013-2016 a valere sulle predette risorse. Resta ferma per il comparto scuola la disciplina specifica di settore. 

Al comma 6, sopprimere il secondo periodo.
4. 36. Chimienti, Rostellato, Tripiedi, Bechis, Cominardi, Lombardi, Dieni.
(APPROVATO)

mercoledì 23 ottobre 2013

IL GOVERNO TAGLIA TUTTO TRANNE I 10 MILIONI A RADIO RADICALE



In un periodo in cui tutte le spese sono tagliate, finanziamenti ai partiti inclusi, l’unica voce di spesa che con l’agilità di un anguilla sfugge alle forbici è quella relativa al contributo annuale a Radio Radicale.
Addirittura l’attuale governo è stato più generoso di Monti. Infatti nella scorsa legislatura alla fine Radio Radicale ottenne un finanziamento di 10 milioni di euro, ma se lo dovette sudare perché gli arrivò in due tranche. Una prima da 3 milioni ed una successiva da 7. Come detto il governo Letta è stato di manica più larga, forse grazie alla presenza di Emma Bonino in consiglio dei Ministri, e con la legge di stabilità (articolo 9 comma 22) conferma il finanziamento di 10 milioni ma per ben due anni, sia per il 2014 che per il 2015.
Il bello è che il comma è inserito in un articolo dal titolo finanziamento di esigenze indifferibili e ulteriori finanziamenti. Probabilmente si deve ritenere che l’obolo a Radio Radicale faccia parte degli ulteriori finanziamenti perché esso è nato, come tante norme in Italia come transitorio, ormai nel lontano 1998. In quella data in attesa di bandire una gara per attribuire il finanziamento per la trasmissione delle dirette radiofoniche delle sedute parlamentari, in via transitoria, fu rinnovata la convenzione con Radio Radicale stipulata nel 94 e già allora in via transitoria. Ad oggi la transitorietà continua, di gara pubblica non si vede neppure l’ombra e radio radicale continua ad essere concessionario diretto del servizio, garantendosi 10 milioncini all’anno.
Già questo basterebbe. Se poi si vuole riflettere ulteriormente sulla produttività di una spesa per le dirette radiofoniche delle sedute parlamentari, quando queste sono ormai pubbliche su ogni media, essendosi dotati sia la Camera che il Senato di costosi canali web e satellitari, è ovviamente utile. Senza considerare che, esistendo un’elefantiaca struttura pubblica come la Rai, questo servizio, ovvero le dirette radio delle sedute parlamentari, se proprio lo si ritiene indispensabile, lo si potrebbe avere in house e con minori costi.

martedì 22 ottobre 2013

IL DL SULLA PA FA IL GESTO DELL'OMBRELLO ALLA SPENDING REVIEW



Della spending review si fa un gran parlare in tv e nelle dichiarazioni pubbliche, ma nel decreto legge sulla Pubblica amministrazione non solo di essa non c’è traccia, ma sovente si va nella direzione esattamente opposta, sia per volontà del governo, sia a seguito degli emendamenti approvati in sede di esame parlamentare al Senato e alla Camera.
Il primo esempio in questo senso è l’articolo 10 del decreto che istituisce ex novo l’agenzia per la coesione territoriale. Di fatto si scorpora un dipartimento attualmente del Ministero dello Sviluppo economico e lo si trasforma in una struttura a se stante con 200 unità di personale che in fase di prima applicazione debbono transitare dal personale attualmente in forza al Ministero dello Sviluppo economico, anche se c’è una norma al comma 10-bis che svincola le assunzioni a tempo determinato per la realizzazione di progetti cofinanziati con Fondi UE dal blocco delle assunzioni nella PA. Altra cosa che non si capisce bene dal testo dell’articolo è se questa agenzia possa stipulare comunque consulenze o collaborazioni con soggetti esterni ai ruoli della PA. Quel che appare comunque certo è che invece di sfrondare la giungla dei soggetti che costituiscono la pubblica amministrazione il governo ne aggiunge uno nuovo a quelli esistenti.
Altra norma che va in direzione opposta alla spending review è quella che riguarda le proroghe previste, fino al 2014, per i dirigenti delle Province chiamati dall’esterno. Si badi bene che non si sta parlando di dipendenti dell’amministrazione assunti tramite concorso, ma di persone alle quali su chiamata diretta è stato affidato dai Presidenti e dalle giunte l’incarico di direttore generale o di vice capo di gabinetto o di capo dipartimento dell’ente oltre che sulla base delle loro competenze anche tenendo conto dell’area politica di riferimento. Visto che più volte il governo ha detto di voler eliminare le province sarebbe stato lecito aspettarsi almeno una potatura degli incarichi esterni. Incarichi che invece vengono prorogati fino al dicembre 2014. Già che c’erano, in tema di Province la Camera ha approvato in commissione altre due modifiche la prima prevede la proroga sempre fino a dicembre 2014 anche per le persone comandate presso le province da altri enti della PA, mentre la seconda consente la proroga, sempre fino a dicembre 2014, anche per i contratti a tempo determinato.
In tema di aggiramento della spending riview citiamo un ultimo caso di portata limitata dal punto di vista quantitativo, ma estremamente rilevante per quanto riguarda la deriva che si sta adottando. Ebbene solo a dicembre 2011, proprio per finalità di risparmio il Dl salva Italia di Monti aveva ridotto a tre soli componenti i membri degli organi direttivi delle autorità indipendenti. L’articolo 5 del decreto sulla PA trasforma la civit (la commissione per il controllo della trasparenza nella pubblica amministrazione) nell’Autorità nazionale anticorruzione. Nelle more di questa trasformazione i membri dell’organo collegiale direttivo dell’autorità sono stati riportati da 3 a 5.
Se Maradona ha fatto il gesto dell’ombrello al fisco, viene il sospetto che il governo con questo decreto stia per fare il gesto dell’ombrello alla spending review

mercoledì 16 ottobre 2013

I PARTITI, A LORO VANTAGGIO, DIMEZZANO LA CASSA INTEGRAZIONE AI LORO DIPENDENTI



Poche volte un semplice emendamento vale un post intero, ma quello che ci è capitato tra le mani, approvato fresco fresco dal comitato dei 9 di questa mattina lo merita. Ovviamente parliamo del finanziamento pubblico ai partiti.
Nel testo originario, la maggioranza ed in particolare il Pd aveva fatto fuoco e fiamme per introdurre la cassa integrazione per i loro dipendenti. L’articolo 14 bis del testo arrivato in aula ha recepito questa istanza, prevedendo che i dipendenti dei partiti potranno essere messi in cassa integrazione e prevedendo una copertura di 15 milioni di euro annui. Bene o male dipende dalle opinioni.
Passa circa un mese e i partiti, ovvero quegli stessi che in 5 minuti avevano ritenuto necessario garantire i loro dipendenti con la cassa integrazione, ci ripensano e dimezzano il finanziamento che loro stessi avevano ritenuto necessario per la cassa integrazione. Ovviamente per coprire il costo che comporta la decisione di aumentare a dismisura, sia rispetto alla legge vigente, che al testo approvato dalla commissione, i vantaggi fiscali previsti per incentivare le donazioni ai partiti (tecnicamente erogazioni liberali).
Il tutto è accaduto questa mattina con un emendamento approvato dal comitato dei 9 e che oggi verrà posto al voto dell’aula.
Come a dire “cari sottoposti abbiamo scherzato fatevi bastare 9 milioni invece di 15 per la cassa integrazione”