sabato 30 marzo 2013

NAPOLITANO DI MENTICA BUBICO, MA POI RIMEDIA




Nel suo intervento odierno il Capo dello stato nell’indicare il percorso istituzionale che intendeva seguire per uscire dallo stallo della crisi attuale ha fatto un esplicito riferimento “ai lavori della Commissione speciale presieduta dall’on. Giorgetti”. Questo per sottolineare come il Parlamento avesse già attivato gli strumenti di controllo nei confronti del governo in carica che, nonostante il regime di affari correnti si appresta a varare dei provvedimenti di natura economica come il decreto che dovrà sbloccare i crediti alle imprese.
Il problema è che una commissione speciale identica a quella costituita alla Camera è stata istituita anche al Senato ed è presieduta da Filippo Bubico. Si pone dunque la questione se il solo riferimento del Capo dello Stato alla Commissione Giorgetti sia dovuto ad una dimenticanza, magari confondendola con una commissione bicamerale, o invece si sia trattato di altro.
Probabilmente si tratta della prima ipotesi, visto che il Presidente della Repubblica ha inserito sia Bubico che Giorgetti nella così detta commissione di saggi annunciata all’ora di pranzo.  

giovedì 28 marzo 2013

ADDIO AGLI ALLOGGI ISTITUZIONALI DI MONTECITORIO



L’ufficio di Presidenza di Montecitorio ha assunto oggi una decisione di grande importanza, quella di eliminare gli alloggi di servizio che l’istituzione concedeva in uso alle sue alte cariche (Presidente, Vice Presidenti e questori). Dimore comode e lussuose, ma soprattutto rifornite a spese dell’amministrazione, come testimoniò un video delle Iene divenuto poi uno scoop clamoroso..
Quella degli alloggi è sempre una sorta di leggenda, nel senso che tutti, almeno a Montecitorio sapevano della loro esistenza, ma nessuno aveva mai posto la questione ufficialmente, né esiste traccia di tale prassi in nessun documento.
Gli alloggi di servizio erano considerati una costante al punto che, a seguito della dismissione dei locali di Marini 1, con la rescissione del contratto d’affitto da parte della Camera, dove vi erano alcuni di questi appartamenti, si era sparsa la leggenda che la mensa di San Macuto fosse stata chiusa perché li dovevano essere posti gli alloggi persi a Marini.
Ecco perché la delibera adottata oggi dall’Ufficio di Presidenza deve essere definita epocale e gli va tributato il giusto merito, visto che è stata assunta all’unanimità.
Ad onor del vero va detto però, che per la prima volta nella storia della Camera, la questione degli alloggi fu posta nella scorsa legislatura in occasione della discussione del bilancio di previsione 2012. In quell’occasione nella seduta del  2 ottobre 2010, una deputata dell’Idv, Silvana Mura, presentò l’ordine del giorno 9/doc XVIII N. 10/052, nel quale impegnava l’ufficio di presidenza ad eliminare gli alloggi istituzionali per le alte cariche, ad eccezione del presidente della Camera. L’odg fu accolto come raccomandazione. Episodio significativo perché è stata la prima volta in cui negli atti ufficiali della Camera si è parlato di quei mitici alloggi istituzionali.

mercoledì 27 marzo 2013

MOGHERINI E MARTINO NON ASCOLTANO IL GRILLINO




Ci sono casi in cui la foga e la vis polemica, in particolare nei confronti di un avversario che si teme e verso il quale si ha un pregiudizio di superiorità, possono giocare brutti scherzi. E’ il caso della gaffe in cui sono incorsi due deputati del Pd nel corso del dibattito di ieri alla Camera.

Mentre il deputato grillino Alessandro Di Battista svolgeva il suo intervento, Piero Martino (@Piero_Martino), già portavoce di Dario Franceschini, scrive su twitter “Fantastico il grillino chiede in Aula le dimissioni del Ministro che ha già rassegnato le dimissioni. Non gli hanno riscritto il discorso”.

La cosa piace a Federica Mogherini ( @FedericaMog) che rilancia il tweet di Martino e poi con suo tweet scrive che l’errore del grillino può capitare quando non si ascolta quello che avviene in aula.

In sostanza i due democrat accusano Di Battista di essere arrivato in aula con un discorso già pronto (come se quello di Lapo Pistelli non lo fosse stato) e di averlo letto pedissequamente arrivando a chiedere dimissioni che Terzi aveva già dato.

Peccato non sia andata così (basta leggere il resoconto stenografico dell’intervento di Di Battista che riporto di seguito). Il deputato 5 stelle infatti non ha mai chiesto le dimissioni, ma dice che le dimissioni date dal ministro non gli bastano perché vuole sapere la verità sulla vicenda, e successivamente ribadisce che il M5S accoglieva le dimissioni date.

Alla luce dei fatti, dunque la Mogherini ha ragione, quando dice che se non si ascolta quel che succede in aula….

martedì 26 marzo 2013

L'APPLAUSOMETRO DI MONTECITORIO TERMOMETRO DELLE CONSULTAZIONI


 
Chi conosce i dibatti parlamentari sa che l’applauso è parte integrante di essi, ma soprattutto è al pari delle argomentazioni svolte un atto politico, in particolare quando un gruppo lo rivolge ad un oratore di un gruppo diverso. Con le consultazioni del Presidente del consiglio incaricato in pieno svolgimento, l’applausometro registrato nel dibattito seguito all’informativa del Presidente Monti sugli esiti del consiglio europeo del 14 e 15 marzo 2013 può costituire uno strumento interessante per capire quale ne sarà l’esito finale.

In questo senso, il primo dato interessante e, forse non casuale, è che proprio il Pd è stato il gruppo più generoso nel distribuire applausi nell’emiciclo di Montecitorio. Fatta eccezione per il Pdl e la Lega, dai banchi del partito democratico sono arrivati applausi per il premier Monti (insieme a quelli di Scelta Civica) al termine della sua lunga relazione. Applausi alla presidente del gruppo 5 stelle, Roberta Lombardi, al termine del suo intervento, applausi anche per Dellai (Scelta Civica) quando consiglia a Brunetta l’umiltà visto che è il suo governo ha portato l’Italia sull’orlo del baratro. E ovviamente approvazioni del Pd per i suoi alleati, ad iniziare da Vendola, con due applausi, per proseguire con Bruno Tabacci.

Rimanendo nell’area del centrosinistra, stando all’applausometro si può parlare di feeling tra Sel e M5S. Il gruppo di Sel, infatti applaude per tre volte Romberta Lombardi. Lo fa quando la capogruppo grillina invoca trasparenza, crescita e solidarietà come architravi dell’architettura istituzionale europea, applausi al passaggio in cui la Lombradi invoca maggiore democraticità per gli strumenti di governante economica dell’Ue. Ed infine battimani alla conclusione dell’intervento.

Ma la vera impresa realizzata da Nichi Vendola è quella di essere stato l’unico oratore non grillino a ricevere applausi dal gruppo 5 stelle e per ben due volte. La cosa singolare è che, al di là del buon intervento del leader di Sel, Vendola è uno di quei deputati incompatibili con il suo mandato in quanto presidente di Regione, contro cui i cinque stelle hanno già alzato la voce.

Il gruppo più isolato è apparso quello del Pdl. Renato Brunetta che ha svolto un duro e polemico intervento nei confronti del governo Monti ha ottenuto un unico applauso al termine del suo discorso. Applauso tributato solo dal Pdl (e non dalla Lega). Al L’oratore più applaudito è stato invece Gianluca Pini della Lega con 5 ovazioni totali, anche se va detto che quattro di queste sono state tributate solo dal suo gruppo, mentre all’applauso finale si è unito anche il Pdl.

Infine il Pd. Speranza parte bene e di fatto realizza le grandi intese grazie all’applauso di Pdl e Scelta Civica (ma non di Sel) nel passaggio in cui minaccia che se l’Europa continuerà ad essere percepita solo in termini di rigore si rischia la frattura tra il popolo e il progetto politico europeo. Altri due applausi per il giovane capogruppo democrat nel seguito del suo intervento, ma uno è tributato da suo gruppo, e quello finale anche da Sel.

 

lunedì 25 marzo 2013

DI MAIO NE CHIEDE LA CANCELLAZIONE MA M5S HA GIA' PESCATO PERSONALE DALLE DELIBERE


 
Il primo atto del neo vice presidente della Camera del Movimento cinque stelle Luigi Di Maio è stato quello di  inviare una lettera a Laura Boldrini, firmata insieme agli altri due colleghi del movimento eletti segretari di presidenza, chiedendo l’abolizione della delibera che impone ai gruppi di assumere il proprio personale dagli elenchi precostituiti da quella stessa delibera, gli allegati A e B. Il problema è di metodo, dice Di Maio in un’intervista pubblicata sabato dal Mattino di Napoli, perché il meccanismo non lascia spazio a criteri meritocratici.
 
Di Maio ha perfettamente ragione, ma c’è un però, del quale forse lui non è a conoscenza. Il suo gruppo ha già pescato personale dai due alleati che lui vuole cancellare. Se il problema è di metodo e di principio, allora, perché uniformarsi a quello che fanno gli altri gruppi, visto che l’articolo 6 di quella delibera consente di assumere personale al di fuori degli elenchi precostituiti. Ma il gruppo che non si adegua viene penalizzato in termini economici potrebbe essere l’obiezione del Gruppo Cinque stelle. E’ assolutamente vero. Allo stesso tempo però è lo stesso principio che loro applicano ai rimborsi elettorali che meritoriamente rifiutano. Anche in quel caso, per principio, si accetta una penalizzazione, e che penalizzazione in termini economici. Un sacrificio che, ad esempio, il tesoriere del Pd Misiani ha detto di non potersi permettere su due piedi, a meno di non voler correre il rischio di fallimento.

Delle due l’una dunque se il gruppo cinque stelle, con i suoi membri in ufficio di presidenza protesta contro la delibera di dicembre 2012 e gli elenchi di personale precostituiti, allora di lì non dovrebbe pescare accettando la penalizzazione economica e stringendo la cinghia come fa sui rimborsi. Se invece la risposta è, noi a quei fondi non possiamo rinunciare, pena danneggiare il funzionamento del gruppo, allora ci vuole un po’ più di comprensione nei confronti di chi dice che cancellando completamente i rimborsi non ce la fa ad andare avanti.  

venerdì 22 marzo 2013

NELLA PRIMA BEGA REGOLAMENTARE HA RAGIONE LA BOLDRINI



Ieri al termine di una seduta infinita per l’elezione dei membri dell’ufficio di Presidenza la Presidente della Camera Laura Boldrini si è trovata ad affrontare la prima bega regolamentare in aula. La Boldrini dopo aver proclamato eletti i quattro vice presidenti, i tre questori e gli otto segretari d’aula ha annunciato la convocazione del neoeletto ufficio di presidenza per la giornata odierna.
Il deputato leghista Caparini ha sottolineato che la Lega non è rappresentata nell’ufficio di presidenza e, come previsto dal regolamento, dal momento che in una seduta successiva l’aula dovrà integrare l’ufficio di presidenza con l’elezione di un membro della Lega (e di uno del Misto), ha chiesto che non si procedesse alla riunione dell’ufficio di presidenza finche non vi fossero rappresentati tutti i gruppi.
A questa tesi ha dato manforte il Pdl con Maurizio lupi che ha sostenuto che non si potesse procedere ad alcuna convocazione dell’ufficio di presidenza finchè in questo non fossero stati rappresentati tutti i gruppi parlamentari, e che per tale motivo il Pdl avrebbe disertato la riunione di oggi prevista per 10,00 nella biblioteca del presidente.
Sottolineato che la Presidente Boldrini ha contribuito ad aumentare la confusione se si trattase di una riunione formale o informale dell’ufficio di presidenza, le va dato atto che aveva ragione lei nel sostenere la correttezza della convocazione effettuata, mentre Caparini e Lupi avevano torto.
Basta guardare ai precedenti delle scorse legislature per accorgersene. Nella seduta di Martedì 6 maggio 2008, Gianfranco Fini dopo essersi congratulato con i membri neo eletti ed aver dato notizia che a seguito della prima elezion non erano rappresentati nell’udp la Lega, L’Idv e il misto, convoca l’ufficio di Presidenza per il giorno dopo (ufficio al quale partecipò senza problemi anche Maurizio Lupi).
Nella seduta di giovedì 4 maggio 2006 il Presidente fausto Bertinotti, dopo aver proclamato l’elezione membri dell’ufficio di presidenza, dopo aver dichiarato che dopo la prima votazione restavano esclusi Udc, Idv e lega , convocava immediatamente una riunione del nuovo ufficio di presidenza nella biblioteca del presidente.
Nella seduta di Mercoledi 6 giugno 2001 il Presidente Pierferdinando Casini, dopo aver proclamato l’elezione dei membri dell’Udp, dal quale per il momento rimanevano fuori il CCD e il Misto, convocava immediatamente una riunione dell’ufficio di presidenza.

giovedì 21 marzo 2013

E PISICCHIO IRRUPPE NEL GIARDINO DELLA SVP




L’elezione di Pino Pisicchio alla presidenza del gruppo misto di Montecitorio rompe una lunga e radicata tradizione che voleva questa carica assegnata ad un esponente delle minoranze linguistiche che quasi sempre è stato un deputato della Svp.
Nelle ultime sei legislature, infatti, il presidente del misto è stato espresso per cinque volte da un deputato delle minoranze linguistiche. Per quattro volte il ruolo di guida del misto è toccato a Sigfried Brugger, ed una, nell’XI legislatura, al valdostano Luciano Caveri. Unica eccezione a questo monopolio di fatto si è verificato nella XIV legislatura quando alla presidenza del misto fu eletto Marco Boato.
Il pugliese Pino Pisicchio,  con la sua elezione rompe anche un’altra tradizione, essendo il primo capogruppo meridionale del Misto dal 1992 ad oggi. Oltre ai tirolesi e i valdostani, anche Boato era espressione del nord, essendo veneto.

mercoledì 20 marzo 2013

IL PERSONALE DEI GRUPPI E LE DELIBERE UN PO' DI CHIAREZZA



Oggi sulla stampa si parla molto delle famose delibere relative al personale dei gruppi parlamentari, in particolare di quella dell’ufficio di Presidenza della Camera del 21 dicembre 2012. La conferenza stampa di Roberta Lombardi del Movimento 5 stelle ed il provvedimento del gruppo Pdl che per il momento ha disdettato i contratti della XVI legislatura hanno sollevato l’attenzione su questo tema.
Due articoli, uno della Stampa ed uno del Secolo XIX riportano in maniera quasi identica uno “spiffero” sul funzionamento dei nuovi allegati A e B, ma lo fanno in maniera imprecisa ed è dunque opportuno fare chiarezza.
Fino allo scorso dicembre alla Camera esistevano diverse delibere che riguardavano i dipendenti dei gruppi. Quella più importante e da cui tutto prese avvio è la vecchia delibera 79 del 1993. Tutte le persone inserite in quell’elenco erano equiparati di fatto a dipendenti a tempo indeterminato pagati dalla Camera.
Nel corso degli anni si sono succedute altre delibere meno importanti perché non assicuravano il posto di lavoro, ma cercavano di agevolarlo garantendo una dote a chi era inserito in quegli atti. Ve ne erano di più o meno ricche ma il meccanismo era uguale per tutti. Se il gruppo assumeva una persona in delibera riceva dalla camera una dote in denaro per coprirne le spese.
Verso la fine della legislatura la Camera ha riformato l’articolo 15-bis del regolamento introducendo il finanziamento unico ai gruppi. Questo ha fatto saltare il meccanismo delle “doti” e quindi ha imposto la revisione delle delibere sul personale in essere dando vita a 2 allegati quello A che raccoglie i vecchi deliberati del 1993 (un centinaio di persone circa) e l’allegato B che ingloba tutte le altre delibere (oltre 500 persone).
Le condizioni di chi si trova nei due elenchi sono molto, molto diverse. Basta leggere. Chi si trova nell’allegato A vi rimane fino al raggiungimento dell’età pensionabile (67 anni). I gruppi sono obbligati a pescare da questo elenco in quota parte e se non lo fanno gli decurtano 65.000 euro per ogni dipendente non assunto. Chi non trova posto nei gruppi costituiti è messo automaticamente a disposizione del gruppo misto e per pagare il suo stipendio Montecitorio versa al misto 65.000 euro l’uno.
Per chi si trova nell’allegato B la situazione è più difficile sia in termini di occupazione che di stipendio. I gruppi infatti sono obbligati a pescare da questo elenco una persona ogni cinque deputati, questo significa che almeno circa 300 di loro potrebbero comunque rimanere fuori. Inoltre l’articolo 5 della delibera di dicembre impone ai gruppi di destinare al personale pescato dall’allegato B almeno il 30% del contributo che la Camera destina al gruppo, il che non significa automaticamente stipendi alti, anzi.
Ovviamente c’è chi sta peggio e sono i tanti che pura avendo lavorato per molti anni ai gruppi o alla Camera non figurano nei due allegati. Teoricamente i gruppi possono assumerli, come prevede l’articolo 6, ma queste persone sarebbero un costo vivo che sottrarrebbero soldi al funzionamento politico del gruppo. Inoltre con questo sistema i nuovi gruppi, 5 stelle compresi, sono obbligati di fatto a servirsi di personale che ha militato in altri gruppi, a meno che non voglia rinunciare a risorse importanti.