venerdì 29 novembre 2013

ALFANO CHIEDE LE COMMISSIONI PER NCD MA GLI ATTUALI PRESIDENTI SONO INAMOVIBILI



Nella giornata di ieri, Angelino Alfano, alla luce della nascita del gruppo Nuovo Centro Destra ed anche del cambio di maggioranza che sostiene il governo, ha posto la questione di un rimpasto ministeriale, ma anche quella delle presidenze di commissione.
Per quanto attiene a quest’ultimo tema, infatti, alla Camera le presidenze delle principali commissioni, a suo tempo assegnate al Pdl, sono ad appannaggio di quella che ora è Forza Italia. Sisto è presidente della Commissione Affari Costituzionali, Vito della Commissione Difesa, Capezzone della commissione Finanze, Galan della Commissione Cultura. Tutte commissioni importanti anche per l’attività legislativa di governo.
Infatti oltre al dato eminentemente politico dell’incarico, il Presidente di Commissione svolge un ruolo di rilievo anche per quanto attiene l’iter di un provvedimento. Spetta a lui infatti convocare la commissione e deciderne l’ordine del giorno (art.21 comma 1 R.C.), ma soprattutto teoricamente è il presidente di commissione ad essere automaticamente il relatore dei provvedimenti in esame, e quando questo incarico è attribuito ad un altro membro avviene su delega dello stesso presidente.
Per quanto attiene, però, il desiderio di Alfano e del Nuovo Centro Destra di procedere ad avvicendamenti nelle presidenze delle commissioni, si tratta di un desiderio tecnicamente impossibile da realizzare, salvo ovviamente la volontà in tal senso degli attuali presidenti.
Il presidente di commissione, al pari di quello dell’assemblea, una volta eletto è inamovibile e soprattutto non esistono strumenti che possano equivalere ad una sorta di sfiducia nei suoi confronti. In realtà in tal senso è stato posto un solo precedente, anche abbastanza scriteriato, all’inizio della scorsa legislatura da parte dei presidenti di Camera e Senato Fini e Schifani, quello dell’allora presidente della Vigilanza Rai Villari. Con una forzatura inaudita delle pressi e dei regolamenti Villari, giunto in maniera rocambolesca alla presidenza della Vigilanza Rai, fu costretto a dimettersi qualche mese dopo. In quell’occasione la pantomima, perché di questo si trattò, consistette nelle dimissioni di tutti i membri della commissione.
Ovviamente quel precedente non è minimamente attuabile, né tanto meno attuale. In quell’occasione infatti ci fu quanto meno un accordo di tutti i gruppi politici nel chiedere la rimozione dell’allora presidente, accordo che ovviamente oggi non può esserci. Ma soprattutto perché le dimissioni tecnicamente non sono uno strumento utilizzabile per rimuovere il presidente teorizzando una decadenza dell’intera commissione. Infatti, come per l’aula della Camera, se un deputato si dimette è automaticamente sostituito dal primo dei non eletti. Allo stesso modo se uno o più membri di una commissione si dimettono il presidente della Camera deve nominarne immediatamente di nuovi.
Dunque, almeno per quanto riguarda le commissioni della Camera, Alfano dovrà aspettare ancora molto a lungo, perché gli attuali presidenti non hanno alcuna intenzione di lasciare. E la loro volontà è l’unico strumento di avvicendamento.

giovedì 28 novembre 2013

DIRITTO D'ASILO AI RIVOLUZIONARI? LO PREVEDE UNA PROPOSTA DEL PD



I nostri padri costituenti nell’inserire il diritto di asilo in costituzione sono stati un po’troppo di manica larga. Il comma 3 dell’articolo 10 prevede infatti che questo debba essere concesso a tutti gli stranieri ai quali sia impedito nel loro paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla nostra costituzione. Il principio è molto chiaro, ma forse perché di portata eccessivamente ampia, fino ad oggi non è mai stato attuato con una legge ordinaria.
A farlo ci ha provato il Partito Democratico con una proposta di legge (la n.327) che proprio ieri ha iniziato il suo iter in commissione Affari Costituzionali alla Camera. Il testo è per molti versi apprezzabile perché di fatto prova a dare vita ad un testo unico in materia di protezione internazionale, ma stupisce proprio nei due articoli che trattano il diritto di asilo, perché ne estende la portata a tal punto che mezzo mondo potrebbe chiederlo e ottenerlo nel nostro paese, con evidenti ricadute sui flussi migratori in entrata.
L’articolo 5 non fa che riproporre i principi previsti in costituzione e già questo basterebbe. Infatti che significa esercizio dei diritti di libertà democratica garantiti dalla nostra costituzione? Solo i diritti politici, oppure anche i diritti quali la libertà sindacale, lo sciopero, la libertà di opinione e stampa? Il problema è rilevante perché il diritto di asilo, a differenza dello status di rifugiato, per essere concesso non presuppone l’aver subito una persecuzione o l’essere in pericolo di vita da parte del richiedente, ma solo la negazione dei diritti di cui sopra. Tanto per fare un esempio se in un ipotetico paese non fosse riconosciuto il diritto di voto alle donne, anche senza alcuna forma di persecuzione, le cittadine di quel paese potrebbero chiedere e ottenere asilo in Italia, se la legge fosse approvata.
Ancor più stupefacente è l’articolo 6 della stessa proposta di legge, il quale precisa che il diritto di asilo si può concedere anche a chi ha cercato di sovvertire l’ordine costituzionale del proprio paese, dunque a rivoluzionari o terroristi a seconda dei casi, se quegli atti erano finalizzati “a liberare il paese di origine da un regime formalmente o solo sostanzialmente illiberale”. E’ evidente che con una formulazione del genere ci si addentra su un terreno sconfinato ed estremamente scivoloso. Chi decide infatti se un regime è illiberale ( e soprattutto che si intende con questo termine) al punto da considerare liberatori coloro che hanno preso le armi contro di esso. Ad esempio alla luce di questo principio i fondamentalisti islamici algerini che tentano di sovvertire il regime autoritario del loro paese, avrebbero diritti ad ottenere asilo sulle nostre sponde se questa legge fosse approvata?
E ancora va da se che in questo articolo riecheggia il principio base del concetto di esportazione della democrazia negli altri paesi, ovvero il principio che è alla base della missione in Afghanistan e di altre missioni militari.
Per il momento, va detto che l’iter di questa proposta di legge ha subito immediatamente un rallentamento in considerazione del fatto che anche il governo sta preparando un testo unico vertente sulla stessa materia. Staremo a vedere, certo il problema resta, come lo stupore nei confronti di un Pd che sul diritto di asilo è riuscito a scavalcare a sinistra addirittura Sel.

mercoledì 27 novembre 2013

IL GOVERNO BARA SULLE CALAMITA' E SUI FONDI DEI PARTITI, LA STAMPA GLI TIENE IL GIOCO



Può un governo barare su un tema tanto delicato come quello delle calamità naturali? Può la stampa essere così cialtrona o connivente da avvalorare questo raggiro politico? In Italia in entrambe i casi la risposta è si.
Se oggi si apre qualsiasi giornale italiano si legge di un fondo per le emergenze come quelle della Sardegna istituito con il maxiemendamento alla legge di stabilità e finanziato con i risparmi della legge che ha ridotto il finanziamento pubblico ai partiti. Le informazioni su questa norma sono molto scarne, ma tutte fanno pensare ad un provvedimento ex novo del governo, istituito a seguito della decisione di distrarre risorse da altre voci di spesa.
Il comma in questione è il 251 e basta leggerlo per accorgersi con stupore che non è affatto così. Infatti il governo destina 60 dei 68 milioni di risparmi ottenuti dalla legge che ha ridotto il finanziamento pubblico ai partiti (ovviamente parliamo di quella del 2012 della scorsa legislatura, perché quella dell’attuale governo è insabbiata in Senato) ad una serie di interventi individuati dai commi 227 a 232 dello stesso maxiemendamento e che riguardano a vario titolo ricostruzione di territori colpiti da calamità naturali già avvenute.
Qual è il problema? Molto semplice che il governo non si è inventato nulla di nuovo ma ha solo applicato quello che già prevedeva la legge del 2012 sul finanziamento ai partiti, che all’articolo 16 stabiliva che i risparmi ottenuti per gli anni 2012 e 2013 dovessero essere utilizzati per gli interventi di ricostruzione provocati dalle calamità naturali verificatesi in Italia dal 1 gennaio 2009.
Non solo, ma semmai il governo ha scippato 8 milioni ai terremotati e ai danneggiati da calamità varie, stornando questi soldi dal totale dei risparmi ottenuti nel 2013 grazie alla legge 96/2012, per destinarli ad un fondo che gli serve sostanzialmente per fare cassa.

martedì 26 novembre 2013

DOPO 8 MESI SOSTITUITO IL CAPO SEGRETERIA DELLA BOLDRINI



Notizia clamorosa a Montecitorio, almeno per chi segue le dinamiche interne all’amministrazione del Palazzo. Dopo neppure otto mesi è caduta la testa del capo della segreteria del Presidente della Camera Laura Boldrini, il dottor Marco Cerase che improvvisamente è stato spostato al coordinamento dell’attività di alcune commissioni d’inchiesta, il che significa ufficio a Palazzo San Macuto, lontano da Montecitorio.
I motivi della rimozione, avvenuta nel corso della settimana scorsa, ovviamente sono noti solo ai diretti interessati. L’Ex capo segreteria della Boldrini è un dipendente di Montecitorio dunque risponde all’amministrazione. Allo stesso tempo è difficile pensare che la presidente Boldrini non sia stata quanto meno informata della decisione, e che a seguito di questa informazione non abbia espresso un proprio parere (almeno si spera).
A sostituire Cerase alla guida della segreteria del Presidente della Camera è andato il dott. Fabrizio Castaldi, che attualmente ricopriva l’incarico di coordinamento delle attività di segreteria del Segretariato Generale, ovvero la struttura amministrativa che fa direttamente riferimento al segretario generale della Camera Ugo Zampetti.
A sostituire Castaldi nel posto lasciato vacante (anche se solo di pochi metri visto che il suo vecchio ufficio e quello nuovo nella segreteria del presidente sono a meno di 50 metri al secondo piano di Montecitorio) è stata chiamata la dottoressa Di Andrea, già in forza all’Ufficio Affari Generali, e avvistata spesso in buvette con la dottoressa Pagano, consigliere Capo Servizio dell’Ufficio Affari Generali e stretta collaboratrice, per ovvie ragioni funzionali, del Segretario Generale di Montecitorio.
In questo giro di incarichi c’è da capire chi ha vinto e chi ha perso, perché a Montecitorio tutto ha un senso e soprattutto tutto ha un fine, nell’amministrazione prima e più che nella politica. Dovendo tirare le somme Cerase ne esce evidentemente sconfitto. E chi sa se in questa sconfitta possa avere qualcosa a che fare il fatto che lui non faceva parte della corrente di quelli che radio Montecitorio danno per vicini al segretario generale. Castaldi ovviamente ha acquisito un incarico di maggior prestigio visto che da numero due degli affari generali diviene numero uno della segreteria del Presidente. E va detto che Castaldi lo merita. Solo il tempo dirà se fu vera gloria, oppure se si sia trattato di un promoveatur ut..., visto che il suo vecchio ufficio è passato in altre mani. La dottoressa Di Andrea ha invece certamente fatto un balzo in avanti nell’organigramma funzionale di Montecitorio.

lunedì 25 novembre 2013

LA MOZIONE M5S SULLE PENSIONI D'ORO



Oggi l’aula della Camera avvia la discussione sulla mozione presentata dal Movimento 5 Stelle che propone un prelievo sulle pensioni d’oro al fine di ottenere maggiori risorse da redistribuire tra le pensioni minime. Il provvedimento era stato presentato qualche settimana fa in una conferenza stampa, ma non aveva avuto molta eco.
Il tema delle pensioni d’oro è un tema al tempo stesso di grande attualità tra l’opinione pubblica e estremamente complicato a seguito della ormai nota sentenza della corte Costituzionale che ha bocciato il prelievo straordinario sulle pensioni più alte varato a suo tempo dal governo Monti.
Il Movimento 5 stelle torna su questa spinosa questione e propone una sua ricetta. Ovviamente si tratta di una mozione, e cioè di un semplice atto di indirizzo che anche se approvato impegnerebbe solo politicamente il governo, non avendo ovviamente alcuna cogenza come avrebbe un provvedimento normativo.
La questione è però interessante, ed è per questo che ce ne occupiamo, per più aspetti. Il primo è che la mozione impone comunque un dibattito politico su un argomento, quello di un intervento sulle pensioni più alte, che finora ha suscitato molte parole ma pochi atti concreti.
Il secondo aspetto riguarda la soluzione prospettata, in questo caso da M5S, per aggirare il paletto posto dalla Consulta sul tema. Va ricordato infatti che la Corte Costituzionale aveva bocciato la norma varata da Monti giudicandola come un ingiusto prelievo fiscale che colpiva solo una categoria di cittadini ( i pensionati che percepivano pensioni superiori a 90 mila euro) per aggiustare i conti pubblici.
Partendo proprio da qui, la mozione presentata in realtà propone un prelievo progressivo su tutte le pensioni fatta eccezione per quelle minime. Ovviamente il prelievo è infinitesimale per le pensioni che vanno da 1 fino a 6 volte il minimo, pari allo 0.1%, per arrivare ad un’aliquota del 32% sulle pensioni oltre il 50 volte l’emolumento minimo.
Dai calcoli effettuati dai penta stellati si otterrebbero circa 1 miliardo e 142 milioni di euro da destinare alle pensioni più basse che otterrebbero in tal modo un aumento di 518 euro annui. In sostanza una mensilità aggiuntiva.
Ovviamente e sempre al fine di evitare la mannaia dell’incostituzionalità il prelievo straordinario e la conseguente redistribuzione alle pensioni più basse è limitata ad un periodo di tre anni.
Ovviamente anche su questa soluzione proposta ci possono essere dei dubbi in merito alla costituzionalità (per il fatto che l’intervento potrebbe essere considerato ancora una volta settoriale, ovvero solo i percettori di pensioni) o comunque insufficiente nelle coperture. Staremo a vedere quali saranno le reazioni, ad iniziare da quella del governo.