Nella giornata di ieri, Angelino Alfano, alla luce della
nascita del gruppo Nuovo Centro Destra ed anche del cambio di maggioranza che
sostiene il governo, ha posto la questione di un rimpasto ministeriale, ma
anche quella delle presidenze di commissione.
Per quanto attiene a quest’ultimo tema, infatti, alla Camera
le presidenze delle principali commissioni, a suo tempo assegnate al Pdl, sono
ad appannaggio di quella che ora è Forza Italia. Sisto è presidente della
Commissione Affari Costituzionali, Vito della Commissione Difesa, Capezzone
della commissione Finanze, Galan della Commissione Cultura. Tutte commissioni
importanti anche per l’attività legislativa di governo.
Infatti oltre al dato eminentemente politico dell’incarico, il
Presidente di Commissione svolge un ruolo di rilievo anche per quanto attiene l’iter
di un provvedimento. Spetta a lui infatti convocare la commissione e deciderne
l’ordine del giorno (art.21 comma 1 R.C.), ma soprattutto teoricamente è il
presidente di commissione ad essere automaticamente il relatore dei provvedimenti
in esame, e quando questo incarico è attribuito ad un altro membro avviene su
delega dello stesso presidente.
Per quanto attiene, però, il desiderio di Alfano e del Nuovo
Centro Destra di procedere ad avvicendamenti nelle presidenze delle commissioni,
si tratta di un desiderio tecnicamente impossibile da realizzare, salvo
ovviamente la volontà in tal senso degli attuali presidenti.
Il presidente di commissione, al pari di quello dell’assemblea,
una volta eletto è inamovibile e soprattutto non esistono strumenti che possano
equivalere ad una sorta di sfiducia nei suoi confronti. In realtà in tal senso
è stato posto un solo precedente, anche abbastanza scriteriato, all’inizio
della scorsa legislatura da parte dei presidenti di Camera e Senato Fini e
Schifani, quello dell’allora presidente della Vigilanza Rai Villari. Con una
forzatura inaudita delle pressi e dei regolamenti Villari, giunto in maniera
rocambolesca alla presidenza della Vigilanza Rai, fu costretto a dimettersi
qualche mese dopo. In quell’occasione la pantomima, perché di questo si trattò,
consistette nelle dimissioni di tutti i membri della commissione.
Ovviamente quel precedente non è minimamente attuabile, né tanto
meno attuale. In quell’occasione infatti ci fu quanto meno un accordo di tutti
i gruppi politici nel chiedere la rimozione dell’allora presidente, accordo che
ovviamente oggi non può esserci. Ma soprattutto perché le dimissioni
tecnicamente non sono uno strumento utilizzabile per rimuovere il presidente teorizzando
una decadenza dell’intera commissione. Infatti, come per l’aula della Camera,
se un deputato si dimette è automaticamente sostituito dal primo dei non
eletti. Allo stesso modo se uno o più membri di una commissione si dimettono il
presidente della Camera deve nominarne immediatamente di nuovi.
Dunque, almeno per quanto riguarda le commissioni della
Camera, Alfano dovrà aspettare ancora molto a lungo, perché gli attuali
presidenti non hanno alcuna intenzione di lasciare. E la loro volontà è l’unico
strumento di avvicendamento.