giovedì 30 ottobre 2014

LA BUFERA (GRATUITA) SULLE DIMISSIONI DELLA MOGHERINI



Dopo un periodo abbastanza lungo di calma la Presidente della Camera Laura Boldrini è tornata, suo malgrado, a trovarsi al centro di una polemica scoppiata all’interno dell’emiciclo di Montecitorio. Ad innescare la miccia il deputato penta stellato Alessandro Di Battista in un’occasione alquanto inattesa e soprattutto insolita, come la cessazione del mandato di un deputato. Oggi Federica Mogherini ha lasciato la carica di deputata per assumere quella di “ministro degli esteri” della Commissione Europea (incarico incompatibile oltre che con altri ruoli di governo nazionale anche con quello di Deputato). Alla fine del discorso di commiato della deputata Mogherini, di prassi in casi simili, Alessandro Di Battista chiede di parlare proprio in merito alla cessazione della Mogherini. La Presidente Boldrini in un primo tempo gli nega la parola, anche perché di solito in questi casi non vi è dibattito, ma una mera presa d’atto da parte dell’aula. Ma Di Battista resiste e incalza con la veemenza che lo contraddistingue. La Boldrini allora inizia ad innervosirsi e in risposta alla citazione dei Di Battista dei casi precedenti della rinuncia di Antonio Leone e delle dimissioni di Dario Nardella, da una risposta in parte sbagliata quando afferma che in quei casi “c’era una votazione” e dunque erano casi diversi. In realtà votazione c’è stata solo nel caso di Nardella, e non di Leone, che come Mogherini, rinunciava per accettare un altro incarico incompatibile con il mandato parlamentare. Ma il peggio non è tanto il mezzo errore della Presidente, quanto il fatto che Di Battista rivela che il Pd, con il proprio delegato d’aula, aveva avvertito il Movimento 5 Stelle, che il capogruppo speranza avrebbe voluto svolgere una breve replica al commiato della Mogherini, e aveva chiesto al M5S se per loro andava bene questa chiosa. Dalla rivelazione di Di Battista, dunque, emerge quanto il principale gruppo parlamentare della Camera, quello del Partito Democratico, tenga in conto il presidente della Camera, che come previsto dal regolamento è l’unico che in aula accorda e toglie la parola. Scarsa considerazione che emerge anche dalle parole tra il sorpreso e lo sconcertato, che la presidente Boldrini pronuncia in replica alla rivelazione “Magari dovevate chiederlo a me... Io non sono al corrente di queste consultazioni per le vie brevi e non mi era stato detto che ci sarebbe stato un dibattito a seguire.
Dunque, per quanto mi riguarda quello che succede tra di voi non mi concerne, non mi riguarda”
Comunque lo si voglia vedere si tratta di un episodio che segna l’ennesima anomalia non positiva di questa legislatura, nella quale anche l’atto di commiato di una deputata che va ad assumere un importantissimo incarico politico in sede comunitaria diviene oggetto di una polemica politica tanto veemente quanto insensata.

mercoledì 22 ottobre 2014

OK COMMISSIONE A ELIMINAZIONE LIMITE ALTEZZA PER FORZE ARMATE E POLIZIA



Le commissioni difesa e affari costituzionali della Camera hanno approvato ieri il testo di legge che elimina il limite di altezza per l’assunzionenelle forze armate e in quelle di polizia. Consenso unanime di tutti i gruppi e richiesta di procedere in sede legislativa nelle commissioni stesse. Per ora, però, in attesa del parere del governo, che non si è pronunciato, il testo è stato licenziato per l’aula di Montecitorio dove dovrà essere calendarizzato. Il voto definitivo delle due commissioni, come anticipato, pone un problema serio al governo, perché ha completamente smentito la posizione ufficiale assunta dal Capo della Polizia, che si era dichiarato contrario al provvedimento, e da ultimo anche del Capo di stato maggiore della Difesa anch’esso contrario all’eliminazione dei limiti di altezza. E’ per questo che il governo, con il sottosegretario Domenico Rossi, fino ad ora si è attestato nell’anomala posizione di non pronunciarsi in alcun modo in merito ad un provvedimento sul quale pure deve esprimere un parere. Troppo alti i due dirigenti del Viminale e della Difesa per poterli smentire con un parere favorevole senza produrre conseguenze gravi. Troppo compatto il consenso parlamentare per schierarsi contro e andare sotto. Ecco dunque che prendere più tempo possibile prima di esprimersi in merito alla richiesta di esame in sede legislativa potrebbero costituire un’utile escamotage per mandare ulteriormente alle lunghe un provvedimento che è scomodo per il governo. Infatti la calendarizzazione in aula, se non chiesta con forza dai gruppi parlamentari potrebbe non essere immediata, considerato ormai che siamo in sessione di bilancio e la legge di stabilità, unitamente ai decreti legge da convertire potrebbero ben occupare tutti gli spazi del calendario dell’aula fino alla fine dell’anno.

martedì 14 ottobre 2014

LA SVISTA DELLA XII SUL FONDO IMMIGRAZIONE DEL 2013



Quando si esaminano i provvedimenti legislativi l’errore o la vera e propria gaffe è sempre dietro l’angolo, non solo per il singolo ma anche per gli atti ufficiali varati da un’intera commissione. Ci riferiamo al parere sul decreto stadi e immigrazione approvato dalla Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati. Quasi tutto il testo del parere sottolinea criticamente il fatto che, un precedente fondo per fronteggiare l’emergenza immigrazione (Il fondo di 190 milioni istituito da un precedente decreto del 2013) non sia stato ancora ripartito. Peccato che in realtà il riparto di quel fondo sia invece avvenuto già da qualche mese, con il decreto ministeriale del 3 giugno 2014. La commissione affari sociali è parzialmente scusabile da un lato per essere stata tratta in inganno dal dossier del servizio studi della Camera che dichiarava non essere stato ancora ripartito il fondo da 190 milioni del 2013. Dall’altro perché questo decreto ministeriale è praticamente un fantasma (anche se esiste davvero) non essendo stato pubblicato in Gazzetta né essendovene annuncio sul sito del Ministro dell’Interno. La Commissione non è scusabile del tutto però, perché la notizia del riparto del fondo da 190 milioni di euro era comunque emersa in commissione nel corso dell’audizione svolta il 15 settembre dal Prefetto Morcone. Ora che il provvedimento è giunto in Senato le sviste sul punto sembrano concluse dal momento che, il dossier studi del Senato da correttamente notizia del decreto ministeriale del 3 giugno 2014.

venerdì 10 ottobre 2014

CHE FINE HANNO FATTO LE ANNUNCIATE INTERROGAZIONI SU ROCCHI?



La partita Juventus-Roma, ed in particolare la prestazione dell’arbitro Rocchi, aveva portato due deputati (romani ovviamente) ad annunciare un’interrogazione parlamentare. A leggere le dichiarazioni rilasciate il giorno successivo a quello della gara sembrava che queste interrogazioni, una delle quali avrebbe dovuto tirare in ballo perfino la Consob, dovessero essere depositate già lunedì stesso. Invece ancora di queste interrogazioni non se ne vede traccia. I due deputati sono Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia e Marco Miccoli del Pd, che grazie alle polemiche sull’arbitro Rocchi e all’annuncio di un intervento in sede parlamentare si erano guadagnati numerose citazioni sui giornali. Se dal sito della Camera, si vanno a consultare gli allegati B ai resoconti di seduta (lo strumento sul quale viene data pubblicità agli atti di sindacato ispettivo ufficialmente depositati) di Martedì, Mercoledì e di Ieri, di interrogazioni su Rocchi da parte di Rampelli e Miccoli non vi è traccia.  Questo significa che, almeno fino alla seduta antimeridiana di mercoledì le interrogazioni non sono state depositate all’ufficio del sindacato ispettivo, oppure da questo non sono state ammesse. L’allegato B al resoconto della seduta odierna, on-line sarà disponibile solo domani, mentre è già disponibile a Montecitorio. O i due deputati hanno desistito dall’intento annunciato (il che a nostro avviso sarebbe solo un bene) oppure la redazione dell’atto gli è costata più tempo del previsto e così magari l’hanno depositata ieri ma ancora non è stata pubblicata. Ovviamente delle due interrogazioni non vi è traccia neppure nelle schede dei due singoli deputati sul sito della Camera.

martedì 7 ottobre 2014

NO DEL CAPO DELLA POLIZIA ALL'ABOLIZIONE DEI LIMITI DI ALTEZZA


Sulla proposta di legge che vuole eliminare i limiti di altezza per l’assunzione nell’esercito e nelle forze di Polizia si è, forse, abbattuto un macigno che potrebbe bloccarne la strada che sembrava essere spianata. Qualche giorno fa il Capo della Polizia Alessandro Pansa ha inviato una memoria alle commissioni Affari Costituzionali e Difesa, che stanno esaminando il provvedimento in congiunta, bocciando seccamente il contenuto della proposta di legge. Almeno per quanto riguarda le forze di polizia nella sua relazione Pansa scrive “si rende, pertanto, indispensabile che ai fini del reclutamento del personale delle forze di polizia si continui a poter fare affidamento sui limiti di altezza, nonché sugli altri requisiti previsti dalle disposizioni in vigore”. Una presa di posizione così netta di un altissimo dirigente del Viminale come il capo della polizia prelude con tutta probabilità ad una posizione contraria dello stesso Ministero dell’Interno, e dunque del governo, a meno di non voler sconfessare clamorosamente la polizia. Un bel problema dunque davanti ad un parlamento che sembrava assolutamente favorevole a questa proposta di legge, con il Senato che l’aveva già approvata all’unanimità e con la Camera che si apprestava a chiedere la sede legislativa in commissione per licenziare definitivamente l’abolizione dei limiti di altezza per polizia e forze armate.