lunedì 14 marzo 2016

LA LEGGE SULLE AUTO BLU LE MODIFICHE SE LE E' ANDATE A CERCARE


Questa settimana l'aula di Montecitorio sarà chiamata ad esaminare la proposta di legge in tema di dismissione della così dette auto blu.
La proposta di legge (a.c. 3220) è stata presentata dal gruppo 5 Stelle (a prima firma Sorial) e la sua calendarizzazione prima in commissione e poi in aula è stata imposta nella quota di tempi reservati dal regolamento alle iniziative dei gruppi di opposizione.
Il testo è stato modificato, anche in maniera considerevole, nel corso dell'esame in I commissione, ed è molto prbabile che ciò produrrà qualche polemica da parte dei presentatori. Il problema è capire se queste proteste saranno giustificate o, al contrario, erano proprio le proteste il fine ultimo dell'iniziativa legislativa adottata.
Leggendo il testo della proposta di legge iniziale balzano all'occhio alcune disposizioni o di portata eccessivamente rigida, oppure formulate in maniera troppo generica.
L'articolo 1 prevedeva, infatti, a decorrere dal 1 gennaio 2016 il divieto per le pubbliche amministrazioni di procedere all'acquisto o alla locazione di autovetture di servizio. Divieto disposto sine die senza alcun termine temporale. Delle autovetture di servizio si è fatto certamente un uso più che eccessivo, ma è evidente che una disposizioni come questa è eccessivamente rigida, perchè quando in un futuro non meglio precisato si sarebbe posta la necessità per qualche amministrazione di procedere all'acquisto di qualche autovettura per consetirlo si sarebbe dovuti ricorrere ad una modifica legislativa.
Anche il divieto di utilizzare le autovetture di servizio, a stare alla lettera della proposta di legge valeva erga omnes, con la sola deroga (riconosciuta anche ai fini dell'acquisto di nuove vetture) prevista per il servizio di sicurezza e ordine pubblico, militare e di difesa, sicurezza stradale, tutela della salute e servizi ispettivi di natura fiscale e contributiva. Dunque, sempre dalla lettera della proposta di legge, un ministro per spostarsi per impegni di natura istituzionale non avrebbe potuto usufruire dell'auto di servizio.
Le disposizioni, inoltre, comprendevano anche regioni e province autonome mettendosi, dunque a rischio di una possibile pronuncia di incostituzionalità.
L'articolo 2 disponeva che i proventi della vendita della autovetture di servizio fossero destinati al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese e fin qui ok. Il problema stava nella formulazione che prevedeva che anche " le dotazioni di bilancio annualmente destinate all'acquisto e alla gestione delle autovetture delle pubbliche amministrazioni" confluissero nel suddetto fondo. Va da se che una simile formulazione è troppo generica per essere attuata, anche volendolo. Queste dotazioni, infatti, non sono fisse e variano da amministrazione ad amministrazione.
Tutto ciò per sottolineare che il testo uscito dalla commissione, potrà anche aver ecceduto nel senso opposto (anche se è da vedere), ma il testo originario in esame ha offerto il destro alla presentazione di una serie di modifiche che poi potrebbero anche aver contribuito a stravolgerlo, invece di limitarsi a correggerlo.

giovedì 10 marzo 2016

CONSIDERAZIONI SUL PARERE AL DLGS MUTUI


Il parere approvato ieri dalla commissione finanze in relazione all’atto del governo 256 (la bozza di dlgs che interviene sui mutui e sul rapporto tra creditore e debitore) presenta aspetti di estremo interesse in vista del recepimento di alcune delle condizioni inserite nello stesso  e che il governo ha dichiarato di voler recepire, spostando ora inevitabilmente l’attenzione al testo definitivo del dlgs che leggeremo solo in Gazzetta.
Il riferimento è alla condizione n.2 e 3, lettera a) contenute nel parere. Il relatore Sanga ha confenzionato, credo non casualmente, uno slalom tra proposte di modifica da attuare con norme di rango primario e modifiche porre in essere con norme di rango secondario.
La condizione n. 2 recita “provveda il governo a emanare un atto di normativa secondaria attuativo del medesimo comma 3 dell’articolo 120-quinquiesdecies del TUB, per specificare i profili attuativi della disposizione, al fine di fugare le incertezze rispetto al concreto atteggiarsi giuridico di tale meccanismo…”
Di fatto la condizione stabilisce dunque che il governo proceda in futuro ad un provvedimento attuativo (DPR, DM o altro non è specificato) del comma 3 dell’articolo 120-quinquiesdecies, ovvero la disposizione che prevede esplicitamente che, a seguito di specifico accordo tra le parti, in caso di mancato pagamento di un debito questo possa essere coperto attraverso l’acquisizione e la vendita da parte del creditore del bene dato in garanzia reale.
E’ evidente che tale condizione sarà davvero recepita e potrà essere attuata solo se in calce all’articolo  120-quinquiesdecies sarà inserita una disposizione che rinvia espressamente ad un provvedimento attuativo.
Una norma di rango secondario (come il regolamento) può essere adottato, in relazione ad una disposizione di rango primario, come appunto la legge, solo in forza di un’ulteriore disposizione di legge in tal senso. Il parere della commissione parlamentare non ha valore di legge, dunque se nel decreto legislativo non sarà prevista all’articolo in questione una disposizione esplicita che rinvia ad un provvedimento attuativo, la condizione posta non potrà essere attuata.
Stesso discorso vale per la condizione numero 3, lettera a) che rinvia sempre al provvedimento attuativo di rango secondario il compito di specificare quando si verifica l’inadempimento del debito, specificando ulteriormente che non si possa verificare per una morosità comunque inferiore alle 18 rate. Ad una novella da apportare direttamente al testo del dlgs, e dunque con norma di rango primario, rimanda la stessa condizione per inserire la disposizione che ai fini del passaggio del bene reale dal debitore al creditore stabilisce che non si applica la disposizione già vigente sulle 7 rate.

A tal proposito viene da domandarsi perché per le modifiche proposte al decreto legislativo in esame il parere non faccia riferimento, seppure generico, solo a norme di rango primario, ma distingua tra queste e quelle di rango secondario. Non è chiaro in particolare perché l’intervento in merito alle rate non pagate che fanno scattare l’inadempimento sia articolato per metà con norma di rango primario e per l’altra con un rinvio ad un provvedimento attuativo.  

lunedì 29 febbraio 2016

IL DLGS DELLA MADIA CHE LEGIFERA A LEGISLAZIONE PRESUNTA


Il testo di uno (dei tanti) decreti legislativi attuativi della legge delega di riforma della pubblica amministrazione (legge 124/2015) è finalmente disponibile (atto gov. 267). Si tratta del provvedimento attuativo dell'articolo 7 della delega in materia di revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza.
Avremmo voluto effettuare una disamina del suo contenuto (che è in gran parte positivo), ma che rinviamo ad altro post perchè riteniamo di soffermarci preventivamente su un aspetto del provvedimento che ha attirato la nostra attenzione in merito al modo poco usuale e poco ortodosso di redigere due articoli di questa bozza di dlgs.
Uno dei capisaldi dell'attività di scrittura delle leggi è che si legifera sempre a legislazione vigente, dunque facendo riferimento esclusivamente ad atti normativi già in vigore.
In maniera sorprendente ben due disposizioni dell'atto 267 vengono meno a tale fondamentale criterio. Ci riferiamo all'articolo 3, comma 2 lettera b) e all'articolo 21, comma 1, lettera a) in cui le disposizioni recate fanno riferimento "al decreto legislativo adottato ai sensi dell'articolo 18 della legge 7 agosto 2015, n.124".
Un riferimento palesemente "casereccio" quanto improprio dal momento che non si fa riferimento alle disposizioni di un provvedimento già vigente, bensì di un provvedimento ancora da adottare (infatti non si cita il numero del dlgs nè la data di entrata in vigore, bensì l'articolo della legge delega che questo dovrà attuare). Non solo, ma si chiede a deputati e senatori delle commissioni competenti di esprimere un parere che, su queste due disposizioni è praticamente in bianco, perchè nessuno le conosce visto che non sono disponibili neppure i testi in bozza.
La cosa non è affatto secondaria perchè si parla di società partecipate e perchè all'articolo 21 della bozza di dlgs in esame si fa riferimento a ben 7 articoli di questo provvedimento che nessuno conosce.
Senza volontà alcuna di fare inutili dietrologie, ci limitiamo semplicemente a sottolineare che siffatte disposizioni non dovrebbero trovare spazio in un provvedimento che, seppure sotto forma di bozza e per un semplice parere, viene sottoposto all'esame delle commissioni parlamentari di Camera e Senato. Ci domandiamo se il DAGL se ne sia accorto e soprattutto siamo curiosi di capire se, in sede di esame la questione verrà sollevata da qualche deputato o senatore.
Da un punto di vista più strettamente tecnico ci domandiamo come possa essere fatto entrare in vigore questo dlgs, con le due disposizioni di cui si sta parlando, prima di far entrare in vigore l'altro provvedimento a cui si fa riferimento ma che al momento non è disponibile neppure in bozza. La risposta sembra ovvia e cioè si farà entrare in vigore il dlgs adottato ai sensi dell'articolo 18 della legge 124/2015 e poi questo provvedimento. Il problema sta nel fatto che questo provvedimento (l'atto 267) è ormai prossimo alla scadenza perchè la delega disposta dall'articolo 7 doveva essere attuata entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge e non entro 12 mesi come le altre deleghe recate dalla stessa legge.
Staremo a vedere e soprattutto staremo ad aspettare se nel frattempo compariranno, quanto meno in bozza le disposizioni a cui si fa riferimento.